L’AQUILA – Il Sole gode di ottima salute. Lo dicono i neutrini osservati e studiati dall’esperimento Borexino ai Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). E confermano anche la validità del modello, che descrive il suo funzionamento e i meccanismi di produzione di energia che lo alimentano. Borexino studia i neutrini di bassa energia emessi dal Sole, che vengono prodotti dalle reazioni nucleari nel nucleo solare e grazie alla sua sensibilità unica ha abbassato più di 10 volte la soglia di energia a cui oggi li osserviamo e “ascoltiamo” in tempo reale.
I neutrini prodotti in una piccola regione attorno al centro del Sole ne escono indisturbati impiegando circa 3 secondi: interagiscono infatti pochissimo con la materia che li circonda e mantengono intatte le informazioni sui processi che le hanno generate. La luce, al contrario, impiega più di 100000 anni per compiere lo stesso percorso, dal centro alla superficie solare, subendo molte interazioni che alterano le informazioni che potrebbe darci. I neutrini sono quindi un messaggero privilegiato di quanto avviene nel cuore del Sole: una sensibilissima sonda in grado di penetrare in profondità e di portare fino a noi informazioni precise sul suo funzionamento. Così, ad esempio, quando il Sole comincerà a esaurire il combustibile che lo fa brillare (un evento previsto effettivamente tra miliardi di anni), osservando l’emissione dei neutrini, potremmo accorgercene immediatamente.
I precedenti analoghi esperimenti (SNO in Canada e Superkamiokande in Giappone) hanno osservato solo i neutrini di alta energia provenienti da una catena di reazioni nucleari, che contribuisce solo a una piccola parte dell’emissione solare. I neutrini solari a bassissima energia, costituiscono invece oltre il 90% dei 60 miliardi di neutrini per centimetro quadrato emessi dal sole ogni secondo, che investono la Terra. Data la straordinaria elusività di queste particelle l’esperimento riesce a rivelarne circa 50 al giorno e attualmente è l’unico apparato al mondo in grado di registrare questo tipo di eventi.
La sensibilità di Borexino è dovuta alla straordinaria e originale tecnologia sviluppata dalla collaborazione e che permette di abbassare la radioattività naturale nel rivelatore a livelli mai raggiunti prima. Le impurezze radioattive presenti sono 10 miliardesimi di miliardesimi di grammo (ovvero 0,000000000000000001 gr) per ogni grammo di materiale del rivelatore. Ed in effetti è l’apparato di queste dimensioni meno radioattivo al mondo. Solo in questo modo si è in grado di ascoltare i debolissimi segnali emessi dai neutrini di bassa energia, che altrimenti verrebbero mascherati dai segnali della radioattività ambientale.
Nel loro percorso dal cuore del Sole fino alla Terra, i neutrini sono inoltre soggetti al cosiddetto fenomeno dell’oscillazione. Il fatto cioè che il neutrino non mantenga memoria della propria origine e, ad esempio, possa diventare di tipo muonico, sebbene sia stato generato da un elettrone, o elettronico anche se deriva da un “padre” muone.
Le osservazioni di Borexino di neutrini di bassa energia hanno consentito il confronto dell’oscillazione dei neutrini nella materia e nel vuoto, con una misura che fino ad oggi non era mai stata realizzata.
“L’oscillazione dei neutrini – spiega, il responsabile della collaborazione internazionale, Gianpaolo Bellini dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. – è un fenomeno di “nuova fisica”, ovvero non previsto dal Modello Standard delle particelle elementari, e di cui restano da chiarire ancora diversi aspetti. I risultati di Borexino sono tra i più importanti ottenuti in fisica delle particelle negli ultimi anni.”
I record di Borexino
• E’ l’unico esperimento al mondo che rivela in tempo reale neutrini di bassa energia (< 1 MeV): 10 volte più piccola di quella raggiunta (circa 5 MeV) dai precedenti esperimenti analoghi.
• Rivela un intervallo di energia, che copre oltre il 90% dei neutrini emessi dal Sole.
• E’ il rivelatore più puro (come livello radioattivo) esistente al mondo.
• Ha ottenuto con i soli suoi risultati di individuare la zona dei parametri per l’oscillazione dei neutrini.
Per saperne di più:
Come è fatto Borexino
L’esperimento, a cui lavorano circa 100 persone tra fisici, ingegneri e tecnici, ha avuto come maggiore finanziatore l?INFN con importanti contributi da Stati Uniti, Germania, Francia e Russia.
All’esperimento prendono parte le sezioni INFN e le Università di Milano, Genova, Perugia, i Laboratori del Gran Sasso, la Technische Universitat di Monaco, il Max Planck Institut di Heidelberg, l’APC francese, la Jagellonian University di Cracovia, il JINR di Dubna e il Kurchatov Institute di Mosca e infine gli statunitensi della Princeton University e del Virginia Polytechnical Institute.
Borexino continuerà la sua presa dati per almeno 10 anni, la durata di un ciclo della vita solare.
L’ esperimento visto dall’esterno appare come una cupola di sedici metri di diametro al cui interno si trova una sorta di “matryoska”, una di quelle bambole russe che entrano l’una nell’altra. Dentro la cupola vi è una massa di 2.100 tonnellate di acqua che serve come primo schermo per le emissioni radioattive delle rocce e dell’ ambiente, e come rivelatore per i pochissimi residui di raggi cosmici che attraversano le migliaia di metri di roccia sotto le quali si trova il Laboratorio.
All’ interno del volume dell’ acqua si trova una sfera di acciaio che contiene, nella parte interna 2.200 fotomoltiplicatori, cioè apparati che possono registrare la presenza di lampi di luce provocati dai neutrini. Questa sfera contiene mille tonnellate di pseudocumene, un idrocarburo, utilizzato per schermare la parte sensibile dell’ esperimento.
Infine, il cuore ultimo di Borexino contiene, dentro una sfera di nylon 300 tonnellate di liquido scintillante. L’acqua e l’idrocarburo di schermo nonchè lo scintillatore posseggono una radiopurezza mai ottenuta finora a livelli così bassi.
Il funzionamento assomiglia a quello di un vecchio flipper: quando i neutrini si scontrano con gli elettroni dello scintillatore trasferiscono loro parte dell’energia incidente, provocando un lampo luminoso nel liquido. Questi lampi vengono visti dai fotomoltiplicatori grazie alla trasparenza delle sfere interne. L’apparato consente di misurare l’energia e la posizione degli urti provocati dai neutrini incidenti.
L’apparato CTF per la misura della radioattività
Per essere sicuri di non essere disturbati nelle osservazioni di particelle così sfuggenti come i deboli neutrini sotto 1 MeV di energia, i ricercatori hanno dovuto assicurarsi che la radioattività naturale dei materiali impiegati per la costruzione del rivelatore fosse ridotta fino a livelli “innaturali”. Cioè una radioattività molto più bassa di quella normalmente esistente in natura.
I ricercatori hanno sviluppato nuove tecnologie con una ricerca di più di 8 anni per garantirsi queste prestazioni. Così hanno selezionato i materiali più rispondenti a queste caratteristiche, quindi hanno purificato i liquidi e i gas dai residui radioattivi. I risultati raggiunti sono straordinari: si è arrivati ad avere per ogni grammo di sostanza utilizzata una presenza radioattiva pari a 0,000000000000000001 cioè zero virgola 17 volte zero. L’azoto utilizzato nell’esperimento ha un’emissione radioattiva di circa 1 miliardo di volte inferiore rispetto all’azoto reperibile in natura.
Per misurare conteggi così estremamente bassi, è stato costruito un apparato di test chiamato CTF (Counting Test Facility) contenente mille tonnellate di acqua purissima più cinque tonnellate di liquido rivelatore.
Al mondo non esiste nessun altro rivelatore di queste dimensioni con un’analoga sensibilità nella misura della radioattività. Aver raggiunto questa purezza e poterla misurare è un successo tecnologico che potrà essere adottato dalle industrie che richiedono sostanze particolarmente pure, come quella farmaceutica o dei materiali.