L’AQUILA – Migliaia di persone hanno assistito e partecipato, ieri sera, alla processione del Cristo Morto, il rito del Venerdì Santo rievocante la passione e il sacrificio di Gesù. Una tradizione alla quale gli aquilani tengono molto e che nemmeno il terremoto è riuscito a cancellare.
Partita dalla basilica di San Bernardino intorno alle 20, la processione è passata per Porta Castello, piazza Regina Margherita e corso Vittorio Emanuele ed ha proseguito fino a piazza Duomo, per poi tornare nuovamente indietro, verso i Quattro Canton, e di lì verso San Bernardino.
Per le vie puntellate del centro hanno sfilato anche quest’anno i simulacri di Remo Brindisi, i gruppi ecclesiastici e le associazioni laiche, gli ensemble corali e musicali, i ragazzi delle scuole.
Il corteo è terminato intorno alle 21,30. All’interno della basilica di San Bernardino l’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Molinari e l’ausiliare Giovanni D’Ercole hanno chiuso la processione tenendo un’omelia sulla Passione di Cristo
Notizie certe di questa manifestazione si hanno dal 1505-1506 in poi; essa si svolgeva presso la Cattedrale di San Massimo e si snodava tra le vie di Sant’Agostino, del Corso, di Piazza Palazzo, di San Pietro, di San Domenico, di San Pietro di Sassa, di Santa Chiara Povera, di Santa Caterina Martire per poi rientrare alla Cattedrale di San Massimo. Nel 1768 fu sospesa per motivi di ordine pubblico e venne ripristinata nel 1954 grazie all’interessamento di Fra’ Salvatore Roccioletti dei Frati Minori del Convento di San Bernardino che, ispirandosi alla Processione del Cinquecento, la rinnovò inserendola nel contesto attuale con avvio dalla Basilica di San Bernardino. E’ a questo periodo che risalgono i simulacri realizzati da specialisti del legno, del rame, dell’intaglio, della ceramica e dei merletti su disegni ideati dagli artisti Remo Brindisi, Saverio Mazzeschi, Alfredo Cortelli e Lucio Fontana.
Il Miserere risulta tradizionalmente attribuito al Re Davide, mentre le musiche sono state composte nel 1767 dal teatino Saverio Selecchi.