L’AQUILA – Il processo di raccolta e smaltimento delle macerie sta diventando il problema dirimente della ricostruzione. E mentre si continua a discutere, anche animatamente, sui siti di stoccaggio e sul meccanismo che dovrà regolare l’intera filiera, non si sta prestando altrettanta attenzione a problemi molto più urgenti, che la stessa ordinanza 3923 sembra lasciare irrisolti.
Uno di essi è lo smaltimento dei rifiuti e delle macerie pericolose o nocive. Suscitano qualche perplessità gli articoli 2 e 3 dell’ordinanza, soprattutto laddove si legge che “i soggetti beneficiari a qualsiasi titolo di finanziamenti a carico della pubblica amministrazione per le attività di ricostruzione totale o parziale e gli interventi di ristrutturazione immobiliare sono obbligati a effettuare demolizioni selettive al fine di suddividere e conferire i rifiuti, per categorie omogenee di codice CER, presso gli appositi cassoni collocati all’interno delle aree di cantiere, ovvero in aree pubbliche a servizio di più cantieri” (art. 2).
Se si continua a leggere, ci si imbatte in un elenco di codici attribuiti alle varie categorie di rifiuti. Fra queste, contrassegnate da un asterisco, ci sono anche le categorie di rifiuti considerati pericolosi, nocivi o tossici. L’ordinanza stabilisce che, negli edifici per cui è prevista una demolizione selettiva, dovranno essere le stesse imprese esecutrici dei lavori ad effettuare tale catalogazione.
La domanda che viene spontaneo porsi è: siamo sicuri che tutto verrà fatto a regola d’arte e che le ditte appaltatrici saranno in grado di ottemperare anche a questi doveri? Chi controllerà che la selezione e la cernita delle macerie sarà fatta nel rispetto della legge? E’ appena il caso di ricordare che pochi giorni fa due imprese che avevano eseguito alcune demolizioni controllate in via Germania, nel quartiere di Pettino, sono state denunciate e iscritte nel registro degli indagati per essersi indebitamente appropriate del ferro contenuto all’interno dei palazzi demoliti e per averlo rivenduto a delle fonderie traendone un vantaggio economico (circa 40 mila euro) a danno del comune dell’Aquila.
Materiale nocivo o tossico
Per sapere se un materiale è nocivo bisogna conoscerne l’origine e la provenienza. In assenza di queste informazioni, è necessario compiere delle analisi specifiche che però costano e richiedono del personale qualificato. L’opcm 3923 non contiene alcuna precisazione o indicazione in tal senso, quindi vien da chiedersi se le ditte che dovranno sobbarcarsi la ricostruzione pesante sono in possesso anche delle professionalità per poter assolvere a questi obblighi.
Prendiamo, a titolo di esempio, l’amianto. E’ noto che l’amianto va raccolto in appositi siti da ditte specializzate. Smaltirlo, insomma, costa molto e non è una cosa che possano far tutti. Ebbene, al momento non c’è nessuna ordinanza che contenga norme ad hoc – come ad esempio lo stanziamento di contributi extra – per lo stoccaggio di questo pericoloso materiale. Il risultato è che già ora non è difficile imbattersi, nel centro storico dell’Aquila e nelle frazioni e nei comuni limitrofi, in immondezzai e discariche a cielo aperto in cui vengono accatastate anche montagnole di eternit.
Di Roberto Ciuffini