L’AQUILA – “Avevo ragione io, ora il risparmio per gli abruzzesi sarà di diversi milioni di euro”. Il Presidente della Regione Abruzzo e Commissario Sanità Gianni Chiodi ha commentato così, attraverso Facebook, la sentenza del Consiglio di Stato che annulla quella del T.A.R. Abruzzo.

“Sono stato attaccato – ha aggiunto – da organi di stampa per aver voluto appellare la sentenza del TAR Abruzzo perchè l’Avvocatura di Stato aveva sconsigliato di fare ricorso. Il Commissario alla Sanità Gino Redigolo, proprio per questo, non ha proposto appello al Consiglio di Stato.

Ho voluto – prosegue – l’appello in qualità di Presidente della Regione e mi hanno attribuito di ‘volerlo’ solo per dare un incarico esterno ad un legale pur sapendo che l’avvocatura di stato l’aveva sconsigliato. Per mesi mi hanno accusato di “non rispettare le sentenze del TAR”. Ecco avevo ragione io, ed ora, vediamo quella sull’ospedale di guardiagrele e di casoli”.

“Se le sentenze del TAR fossero state corrette avremmo speso una decina di milioni di euro in più. Se quelle sui piccoli ospedali sono corrette circa 15 nel 2011 e 23 nel 2013 credo. Soldi degli abruzzesi ovviamente”.


LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO DEL 6/6/2011

Per la riforma della sentenza del T.A.R. Abruzzo – L’Aquila, Sezione I, n. 263 del 4 giugno 2009, resa tra le parti, concernente la deliberazione n. 3 del 5 novembre 2008 adottata dal Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità della Regione Abruzzo.

La società Villa Letizia aveva impugnato davanti al TAR per l’Abruzzo la deliberazione, n. 3 del 5 novembre 2008, del Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità della regione Abruzzo, avente ad oggetto “linee negoziali per la regolamentazione dei rapporti in materia di prestazioni erogate dalla rete ospedaliera privata accreditata per l’anno 2008. Definizione del budget complessivo 2008 e ripartizione dello stesso per singolo operatore privato” 2.- Il TAR per l’Abruzzo, dopo aver ricordato che la deliberazione impugnata aveva inteso regolamentare la materia già oggetto della deliberazione di G. R. n. 45 del 2008, annullata con la precedente sentenza n. 1149 del 2008, passata in giudicato, ha ritenuto fondato anche il ricorso proposto avverso la determinazione con la quale erano stati nuovamente determinati i tetti di spesa per l’anno 2008 per “la tardività dell’intervento di determinazione dei budgets, assunto senza alcuna considerazione, quantomeno ‘sostanziale’, delle posizioni degli operatori economici del settore, assistite da affidamento, in assenza di previe e programmate limitazioni di spesa, rispetto all’ammontare delle prestazioni erogate in regime di accreditamento e con ovvia considerazione delle relative proiezioni fino al termine dell’esercizio di riferimento”. Il TAR ha poi ritenuto fondato anche il secondo motivo del ricorso con il quale era stata censurata la disposizione, contenuta nel medesimo atto, secondo cui alla mancata sottoscrizione del contratto da parte delle case di cura veniva fatta conseguire la sospensione dell’accreditamento. Detta disposizione, fatta discendere dall’art. 79 del d. l. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, risultava illegittima perché la sospensione dell’accreditamento non può che conseguire ad un procedimento di verifica “che involga, evidentemente e soprattutto, anche le cause della mancata sottoscrizione e la loro imputabilità ‘soggettiva’, oltre che la considerazione complessiva del comportamento dell’operatore e la valutazione di proporzionalità della sanzione medesima, neppure risultando indifferente, come nel caso che ne occupa, la eventuale contestazione della correttezza delle determinazioni a monte”. 3.- La sentenza del TAR per l’Abruzzo è stata appellata dalla Regione Abruzzo che ne sostiene l’erroneità sotto diversi profili. All’appello si oppone la Casa di cura Villa Letizia che ha anche sollevato l’eccezione di inammissibilità dell’appello in quanto proposto dalla Regione e non dal Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità che ha emanato l’atto annullato. 4.- Ciò premesso, si deve partire proprio con l’esame dell’eccezione sulla legittimazione al ricorso, sollevata dalla struttura ospedaliera privata. L’eccezione non è fondata. La Regione Abruzzo deve ritenersi, infatti, sicuramente portatrice di un interesse giuridicamente qualificato nei confronti della sentenza emessa dal TAR per l’Abruzzo che ha annullato la delibera con la quale il Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità ha fissato, in generale e per singolo operatore, i tetti di spesa per l’anno 2008, trattandosi di un atto i cui effetti si riverberano direttamente sul bilancio della stessa Regione e che produce effetti sotto molteplici piani che coinvolgono la Regione, sia nel rapporto con il Governo centrale, per il rispetto degli accordi presi per il piano di rientro dai disavanzi del settore sanità, sia con i propri abitanti per le prestazioni sanitarie che, in relazione alla determinazione dei tetti di spesa, possono ricevere dal servizio pubblico. Tale conclusione risulta coerente con il principio che la legittimazione ad appellare va riconosciuta anche ai soggetti che, pur non essendo contraddittori necessari nel giudizio di primo grado e non avendo assunto la qualità di parte in quel giudizio, abbiano comunque un autonomo interesse al mantenimento del provvedimento impugnato in quella sede, perché produttivo di effetti nella loro sfera giuridica (fra le più recenti, Consiglio Stato, sez. VI, 29 settembre 2010, n. 7197). 5.- Passando all’esame del merito, si deve innanzitutto ricordare che, come giustamente osservato anche dal TAR per l’Abruzzo, la fissazione di tetti alla spesa sanitaria a livello regionale deve ritenersi, in via di principio, legittima, date le insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario e di razionalizzazione della spesa pubblica e tenuto conto che il diritto alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione, non può essere tutelato incondizionatamente (fra le più recenti, Consiglio di Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1259; 5 maggio 2010, n. 2577).

 

Come è stato chiarito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 200 del 26 maggio 2005), anche nel regime dell’accreditamento (introdotto dall’art. 8, comma 5 del d. lgs. n. 502 del 1992), improntato alla logica della parificazione e della concorrenzialità tra strutture pubbliche e strutture private e caratterizzato dalla facoltà di libera scelta della struttura privata a condizione che questa risulti in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente ed accetti il sistema della remunerazione a prestazione, sussiste il limite della fissazione del tetto massimo di spesa sostenibile, regolato nel suo esercizio dall’art. 32 della legge n. 449 del 1997. Il principio di parificazione e di concorrenzialità tra strutture pubbliche e strutture private deve infatti conciliarsi con il principio di programmazione, che persegue lo scopo di razionalizzazione del sistema sanitario nell’interesse al contenimento della spesa pubblica (Consiglio di stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1252)

5.1- La determinazione da parte dell’Amministrazione dei tetti di spesa e la suddivisione delle risorse tra le attività assistenziali costituisce pertanto esercizio del potere di programmazione sanitaria che deve essere esercitato secondo le modalità e nei tempi che l’ordinamento prevede. Con riferimento, in particolare, al tempestivo esercizio del suindicato potere la giurisprudenza, considerata anche la complessità delle operazioni necessarie, ha ritenuto che il carattere preventivo della programmazione sanitaria non può essere inteso in senso strettamente cronologico e che non può ritenersi illegittimo un atto di programmazione che contiene l’indicazione dei tetti di spesa solo perché intervenuto in corso d’anno.

Il sistema di individuazione dei tetti di spesa nei confronti degli operatori sanitari richiede infatti tempi tecnici non comprimibili, in relazione alle diverse fasi procedimentali previste dalla legge, con la conseguenza che deve ritenersi fisiologico (e quindi legittimo) che la relativa determinazione intervenga con un certo ritardo rispetto all’anno di riferimento (Consiglio Stato, sez. I, 5 febbraio 2010, n. 2923).

6.- Il TAR per l’Abruzzo, pur nella condivisione degli indicati principi, ha ritenuto peraltro di dover considerare illegittima la delibera commissariale in oggetto in quanto adottata solo il 5 novembre 2008 (e quindi quasi a conclusione dell’anno) e senza una adeguata ponderazione degli interessi e delle aspettative delle strutture private interessate. Secondo Il TAR, infatti, se è vero che il diritto al pagamento delle prestazioni rese prima della fissazione dei limiti di spesa può essere, entro certi limiti, sacrificato in conseguenza della contrattazione o di un intervento autoritativo della Regione, “è anche evidente che la tardività dell’intervento, specie se autoritativo, impone una puntuale valutazione delle situazioni giuridiche soggettive e delle aspettative maturate dai singoli operatori, non potendosi prescindere da un’approfondita considerazione del tempo trascorso, con una soluzione che non può risolversi in una compromissione di interessi a senso unico”, dovendosi effettuare “un equo e giustificato contemperamento delle varie esigenze fondamentali che impingono sulla materia: la pretesa degli assistiti alle prestazioni sanitarie, il mantenimento degli equilibri finanziari, gli interessi degli operatori privati e l’efficienza delle strutture pubbliche”. Se non occorreva alcuna dimostrazione circa la tardività della deliberazione assunta nel mese di novembre rispetto al budget del 2008, non può contestarsi, secondo il TAR, che la stessa delibera neppure tenga conto delle aspettative (legittime) degli operatori, in ragione dei dati (oggettivi) assunti nell’istruttoria (o comunque disponibili da parte dell’Amministrazione); dati che danno conto, per quanto rileva, “del manifesto ‘gap’ tra quanto effettivamente erogato già alla data dell’adozione e quanto riconosciuto in sede di budget complessivo, nel senso della evidente riduzione del budget stesso anche in relazione alle sole prestazioni già erogate”.

7.- La Regione Abruzzo, dopo aver rilevato che “l’asse intorno al quale ruota la decisione è l’affermazione dell’avvenuta lesione delle aspettative maturate, nelle more dell’adozione della delibera commissariale, in capo agli operatori del settore”, ha sostenuto che le strutture private ricorrenti in primo grado “disponevano …di numerosi elementi, a partire dagli atti generali inerenti alla programmazione della spesa sanitaria regionale, che avrebbero potuto e dovuto fungere da criterio orientativo delle loro aspettative e della loro stessa attività produttiva”. Infatti il provvedimento commissariale era intervenuto in un contesto che “non solo preannunciava da tempo l’imminente forte riduzione della spesa sanitaria, ma ne indicava già le cifre fondamentali”.

8.- Ritiene questa Sezione che l’atto adottato dal Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità della Regione Abruzzo, annullato dal giudice di primo grado, non possa ritenersi tardivo, tenuto conto della peculiarità della vicenda che ha riguardato la determinazione definitiva del budget complessivo per il 2008 e la ripartizione delle risorse alle strutture private. E nemmeno si può ritenere che siano state lese legittime aspettative degli interessati.

Si deve al riguardo considerare che, come si rileva dagli atti di causa e (in parte) anche nelle premesse della deliberazione commissariale oggetto di impugnazione: 1) la Regione Abruzzo, con delibera della Giunta n. 224 del 13 marzo 2007, aveva approvato l’accordo raggiunto (il 6 marzo 2007) con il Ministero della Salute ed il Ministro per l’Economia e le Finanze per l’attuazione del piano di rientro dei debiti del settore sanità e l’individuazione degli interventi per il perseguimento dell’equilibrio economico;2) in tale delibera veniva, fra l’altro, stabilito che, per il 2008, la spesa non doveva superare € 101.000.000,00 per i servizi di spedalità privata in favore di pazienti residenti nella Regione;

1. la Regione, con delibera della G. R. n. 45 del 28 gennaio 2008, aveva approvato quindi il tetto massimo di spesa per l’anno 2008, con l’attribuzione provvisoria delle risorse per ciascun erogatore privato accreditato in materia di prestazioni ospedaliere; tale delibera, nell’aprile del 2008, veniva impugnata davanti al TAR per l’Abruzzo da alcune case di cura private che la ritenevano illegittima; 5) il TAR per l’Abruzzo, sede di L’Aquila, disponeva la trattazione del merito del ricorso nella pubblica udienza del 9 luglio 2008 senza peraltro concedere la misura cautelare della sospensione dell’efficacia della delibera n. 45 del 2008; 6) il TAR annullava poi l’indicata delibera, con diverse sentenze depositate il 18 ottobre 2008, avendo ritenuto, in sostanza, che la ripartizione provvisoria delle risorse per singolo operatore era illegittima in quanto “ove non soggiunga in tempi ragionevoli la determinazione definitiva, la determinazione provvisoria sarà solo elusiva del dettato normativo e di fatto si porrà quale stabile parametro di regolazione dei rapporti nelle more in corso”; 7) nel frattempo, anche a seguito del verificarsi di una vicenda di rilevanza penale che aveva interessato proprio il settore della sanità abruzzese (e portato poi alle dimissioni, nel luglio del 2008, del Presidente della Regione), il Governo nazionale, in data 11 settembre 2008, nominava un Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità della Regione Abruzzo; 8) il Commissario ad acta, appena insediato, cercava di trovare un accordo con le Associazioni di categoria e i singoli operatori non associati per la determinazione delle risorse disponibili per l’anno 2008, prospettando anche una possibile soluzione transattiva; 9) non avendo trovato l’accordo con i diversi soggetti interessati, il Commissario ad acta, ritenendo doveroso provvedere, ha quindi emanato la delibera n. 3 del 5 novembre 2008 con la quale ha definito il budget complessivo per il 2008 della spesa per la spedalità privata, nella misura di € 100.694.602,00, per i servizi in favore di pazienti residenti nella Regione Abruzzo, e di € 63.375.849,00 per le prestazioni erogabili a pazienti residenti in altre regioni, ed ha ripartito le risorse per i singoli operatori privati (come indicato nell’allegato 1 alla delibera), sulla base di quanto stabilito al punto 5.4 della legge regionale n. 6 del 2007 e dei criteri esplicitati nella relazione trasmessa dall’Agenzia Sanitaria Regionale con nota del 3 novembre 2008; 10) anche la delibera commissariale n. 3 del 2008 (oggetto dell’appello in esame) è stata impugnata davanti al TAR da alcune case di cura private con ricorsi depositati nel dicembre del 2008; 11) il TAR per l’Abruzzo, nella Camera di Consiglio del 18 dicembre 2008, non ha sospeso la deliberazione nella parte (centrale) riguardante la determinazione dei tetti di spesa ma ha concesso la misura cautelare della sospensione dell’atto impugnato (solo) per la questione (sollevata con il secondo motivo dei ricorsi) riguardante la revoca dell’accreditamento provvisorio per effetto della mancata sottoscrizione dei contratti da parte degli erogatori delle prestazioni ospedaliere; 12) il TAR, infine, con un gruppo di sentenze (fra le quali quella oggetto dell’appello in esame), depositate il 4 giugno 2009, ha annullato (anche) la delibera commissariale n. 3 del 2008 per i motivi che, in sintesi, sono già stati in precedenza ricordati.

8.1 – Alla luce della lunga vicenda che si è sommariamente descritta, non può ritenersi che vi sia stato un ritardo illegittimo del Commissario ad acta nell’adozione del provvedimento di determinazione dei tetti di spesa per il 2008. Infatti lo stesso Commissario ha adottato tale atto il 5 novembre 2008, a distanza di soli pochi giorni dall’annullamento, da parte del TAR (con le sentenze depositate il 18 ottobre 2008) della precedente determinazione (n. 45 del 28 gennaio 2008) con la quale i tetti di spesa erano già stati fissati con la distribuzione provvisoria delle risorse fra gli erogatori delle prestazioni. Il breve periodo trascorso fra l’annullamento, da parte del TAR, della precedente delibera e l’emanazione del provvedimento in discussione si è inoltre reso necessario per il rispetto dei tempi tecnici richiesti dalle disposizioni di cui all’art. 8 quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. E solo la mancata positiva conclusione delle trattative avviate con le parti ha indotto il Commissario ad adottare il comunque necessario provvedimento di determinazione dei tetti di spesa. Questi elementi e gli altri fatti che si sono su ricordati giustificano, per la peculiarità della fattispecie, l’emanazione, solo il 5 novembre del 2008, della deliberazione commissariale contenente i tetti di spesa per l’anno 2008.

8.2.- Né, per lo svolgersi della vicenda che si è indicata, può ritenersi che tale determinazione sia stata adottata ledendo le aspettative dei soggetti erogatori delle prestazioni. Le strutture private accreditate, infatti, non solo conoscevano sin dal 2007 (a seguito della adozione della già citata delibera di G. R. n. 224 del 2007 e successivamente per aver partecipato alle trattative all’uopo condotte sin dal dicembre 2007, come da verbale in atti) qual’era l’invalicabile budget assegnato al settore, a seguito dell’accordo raggiunto dalla Regione con il Ministero della Salute e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, e conoscevano quindi in che misura le risorse disponibili risultavano inferiori a quelle degli anni precedenti, ma avrebbero dovuto anche comunque rispettare (in pratica per quasi tutto l’anno 2008) i tetti contenuti nella delibera n. 45 del gennaio 2008 (annullata, come si è sottolineato, solo il 19 ottobre 2008) e poi rideterminati nella delibera (in discussione) del 5 novembre 2008 (annullata solo nel 2009). Tali delibere, benché impugnate, erano state infatti a lungo pienamente efficaci, come si è già sottolineato, non essendo state oggetto di sospensione da parte del TAR.

8.3- Per quasi tutto il 2008, quindi, la delibera n. 45 del 28 gennaio 2008 è stata in vigore e le case di cura private (benché ne avessero sostenuto l’illegittimità) dovevano, fino ad una eventuale pronuncia di annullamento, conoscerla e ad essa adeguarsi. Non può pertanto in alcun modo condividersi la tesi, sostenuta dalle case di cura nel ricorso proposto davanti al TAR, secondo cui l’impugnativa proposta le avrebbe legittimate a realizzare comunque un prodotto aderente alla propria capacità erogativa e alla “storicità”. Deve aggiungersi che anche nel breve periodo trascorso fra la data di annullamento della delibera n. 45 del 2008 (il 18 ottobre 2008) e la data di emanazione della nuova delibera commissariale n. 3 (il 5 novembre 2008), le case di cura private sapevano, per essere state invitate dal Commissario ad acta a partecipare ai relativi incontri, che stavano per essere nuovamente fissati i tetti di spesa (generali e per singolo operatore) peraltro complessivamente in linea con i precedenti (e già conosciuti) tetti di spesa. Né può condividersi la tesi, sostenuta dall’AIOP con dichiarazione fatta a verbale nella riunione del 30 ottobre 2008 (e richiamata negli atti), secondo cui le case di cura private potevano ritenere di avere un diritto ad erogare le prestazioni in un regime di sostanziale prorogatio, in assenza di valide e tempestive determinazioni pianificatorie.

8.4- Tali conclusioni non mutano in virtù del successivo annullamento, ad opera del TAR per l’Abruzzo, della delibera n. 45 del 2008 (e poi anche della delibera commissariale n. 3), tenuto conto che, come sottolineato anche nelle memorie difensive della Regione, tale circostanza mentre da un lato determina l’eliminazione giuridica dell’atto annullato, dall’altro non può eliminare anche i fatti che si sono verificati nella realtà e i comportamenti che sono stati tenuti, con la conseguente rilevanza di tali elementi, anche ai fini della valutazione delle aspettative degli interessati, in sede di rinnovo dell’esercizio del potere (e in questa sede di giudizio). In sostanza, tutte le circostanze indicate (ed anche il contenuto degli atti impugnati) non potevano non incidere sulle condotte delle case di cura private che non potevano quindi ritenersi legittimate a non conoscere (e a non rispettare) i tetti di spesa loro imposti (e sebbene tali tetti siano stati imposti anche con alcuni atti che successivamente sono stati ritenuti illegittimi). Del resto anche la giurisprudenza ammette pacificamente che c’è un limite alla retroattività degli effetti di un annullamento di un atto non solo in rapporto all’intangibilità dei diritti soggettivi di terzi in buona fede ma anche per l’esistenza di circostanze non più reversibili, secondo il principio sintetizzato nella locuzione “factum infectum fieri nequit” (fra le più recenti, Consiglio di Stato, sez. VI, 17 gennaio 2011, n. 244).

8.5- Si deve poi ritenere che, in un sistema nel quale è fisiologica, come affermato anche dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 2006, la sopravvenienza dell’atto determinativo della spesa in epoca successiva all’inizio delle erogazioni del servizio, gli interessati, prima dell’approvazione di tale atto, debbano comunque necessariamente programmare la loro attività sulla base di tutti gli elementi che sono già conoscibili. E nella fattispecie (tutti) gli elementi conoscibili (e certamente conosciuti) indicavano che sarebbero stati apportati al settore consistenti tagli ed anche la loro misura. Non può quindi ritenersi che le strutture private in questione avessero maturato aspettative alla conservazione delle risorse in precedenza disponibili o anche ad una decurtazione sostanzialmente diversa (rispetto alle risorse rese disponibili per l’anno 2007) da quella in concreto determinata.

8.6- Né, per tutti gli esposti motivi, può condividersi l’affermazione del TAR secondo cui la determinazione impugnata, doveva comunque considerare il dato oggettivo delle prestazioni già erogate, e dunque la situazione oggettivamente in atti al momento dell’adozione della deliberazione impugnata (con il conseguente difetto di istruttoria e la falsità di presupposti) tenuto conto che il Commissario ad acta ha distribuito le risorse secondo parametri oggettivi e predeterminati e considerato che, operando diversamente, avrebbe potuto favorire quelle strutture che avevano ritenuto di non doversi adeguare (anche solo in parte) alle determinazioni con le quali era già stata stabilita una decurtazione dei tetti di spesa.

8.7- Occorre poi considerare che la deliberazione impugnata si fonda anche sulla riduzione dei posti letto stabilita, per le strutture sanitarie accreditate presso la Regione, con le Linee-guida per la redazione del piano sanitario 2007/2009 ospedaliero regionale, approvato con la legge regionale n. 6 del 5 aprile 2007.

E al riguardo si deve ricordare che la Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 289 dell’8 ottobre 2010, ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR per l’Abruzzo (con due ordinanze del 30 ottobre 2008), affermando che la previsione della riduzione dei posti letto non contraddice l’art. 41 della Costituzione poiché, anche a trascurare il dato che il legislatore costituzionale ha subordinato la libertà di iniziativa economica al vincolo del mancato contrasto, fra l’altro, con l’utilità sociale, la disciplina in parola non pone alcun limite quantitativo alla facoltà degli imprenditori privati di realizzare strutture sanitarie, con peculiare riguardo al numero dei posti letto ivi installati, ma si limita a determinare, in attuazione del principio di autorganizzazione della P.A., quale sia il numero di posti letto accreditabili, posti, cioè, a carico del servizio sanitario pubblico.

La Corte ha inoltre affermato che le legge regionale n. 6 del 2007 non contrasta nemmeno con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, sia per lo scopo perseguito di contenere la spesa pubblica nel settore sanitario, sia perché la diversa incidenza della diminuzione fra spedalità pubblica e privata rientra nella sfera di discrezionalità del legislatore regionale, quanto alla modulazione degli strumenti volti a contenere la spesa sanitaria, nel rispetto dell’esigenza di funzionalità degli essenziali servizi offerti, tanto più che la scelta adottata risponde alla più agevole possibilità di accesso a forme di economie di scala ed alla maggiore facilità di controllo che la pubblica amministrazione incontra nel settore della sanità pubblica (rispetto a quello della sanità accreditata).

8.8- La sentenza appellata non risulta inoltre condivisibile nemmeno nella parte in cui ritiene erronea la distribuzione delle (minori) risorse disponibili fra i servizi di spedalità privata in favore di soggetti residenti e quelli disponibili in favore di soggetti non residenti. Infatti, posto che l’ammontare delle risorse disponibili per i servizi in favore dei residenti, e quindi anche dei non residenti, era stata già determinata in precedenti atti (a partire dall’accordo raggiunto con il Ministero della Salute ed il Ministro per l’Economia e le Finanze e dalla delibera di G. R. n. 224 del 2007), e non costituiva quindi, come affermato nel ricorso di primo grado, una significativa novità della deliberazione commissariale, comunque l’effettiva ripartizione delle risorse fra i diversi operatori risulta operata secondo gli indicati predeterminati parametri.

8.9- E non possono poi ritenersi fondate le censure sollevate avverso i criteri adottati per operare l’assegnazione delle risorse. Come si legge nella deliberazione commissariale i tetti di spesa sono stati determinati sulla base dei casi acquistabili, calcolati in base alla citata legge regionale n. 6 del 2007, per il valore medio di disciplina dell’anno 2004 (dati AgeNas) in riferimento ai pazienti acuti e alla tariffa nazionale piena per i post acuti (D.M. del 12 settembre 2006). La relazione tecnica della Agenzia Sanitaria Regionale, allegata alla delibera, indica poi nel dettaglio le modalità utilizzate per la concreta determinazione dei tetti massimi di spesa. Tali criteri e tali modalità fanno riferimento a parametri oggettivi e non appaiono quindi irragionevoli né, in concreto, è stata evidenziata una erroneità nella loro applicazione. In ogni caso, per tutti i motivi già esposti, tali criteri non possono certo ritenersi viziati, come era stato invece affermato, per non aver tenuto conto della storia e dei comportamenti degli erogatori accreditati nonché della loro potenzialità e delle loro capacità produttive.

8.10- Non possono infine incidere sulla legittimità della ripartizione delle risorse le vicende di rilievo penale che hanno riguardato la sanità abruzzese (e coinvolto anche una struttura privata che non è parte del presente giudizio), tenuto conto dei criteri dichiaratamente oggettivi utilizzati per la distribuzione delle risorse fra le diverse strutture private accreditate. Resta fermo peraltro che, qualora fosse accertato un mutamento dei presupposti sulla base dei quali la delibera commissariale è stata adottata, l’amministrazione potrebbe anche eventualmente esercitare, sussistendone i presupposti, i suoi poteri di autotutela.

8.11- Per tutte le indicate ragioni l’appello della Regione Abruzzo si rileva fondato sulla questione (centrale) sottoposta all’esame del Collegio riguardante la determinazione dei tetti di spesa.

 

9.- La sentenza del TAR per l’Abruzzo appellata ha poi ritenuto fondato anche il motivo con il quale era stata censurata la disposizione, contenuta al punto 8 della deliberazione del Commissario ad acta n. 3 del 2008, secondo cui alla mancata sottoscrizione del contratto da parte delle case di cura veniva fatta conseguire la sospensione dell’accreditamento.

Secondo il TAR tale disposizione risultava illegittima perché la sospensione dell’accreditamento non può che conseguire ad un procedimento di verifica “che involga, evidentemente e soprattutto, anche le cause della mancata sottoscrizione e la loro imputabilità ‘soggettiva’, oltre che la considerazione complessiva del comportamento dell’operatore e la valutazione di proporzionalità della sanzione medesima, neppure risultando indifferente, come nel caso che ne occupa, la eventuale contestazione della correttezza delle determinazioni a monte”.

9.1- Ma anche tale parte della sentenza non può essere condivisa. Come sostenuto dalla Regione Abruzzo, il Commissario ad acta si era infatti limitato a riportare l’esatto contenuto dell’art. 8-quinquies, comma 2-quinquies del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (aggiunto dal comma 1-quinquies dell’art. 79, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione), secondo cui “in caso di mancata stipula degli accordi di cui al presente articolo, l’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater delle strutture e dei professionisti eroganti prestazioni per conto del Servizio sanitario nazionale interessati è sospeso”. Non può quindi ritenersi illegittima la censurata disposizione che si limitava a riportare l’esatto contenuto di una previsione di legge. Mentre ogni questione riguardante il concreto esplicarsi di tale disposizione avrebbe potuto essere fatta eventualmente valere con riferimento ai possibili atti applicativi che, nella fattispecie, non risulta siano stati peraltro mai adottati pur in assenza della stipula degli accordi in questione.

10.- Per tutti gli esposti motivi, l’appello risulta fondato e deve essere accolto con il conseguente annullamento della appellata sentenza del TAR per l’Abruzzo. Le spese dei due gradi di giudizio, in considerazione della particolarità della vicenda trattata, possono essere integralmente compensate fra le parti – Si ritiene di dover aggiungere che l’amministrazione, anche al fine di chiudere le pendenze connesse alla vicenda esaminata, potrebbe procedere ad una verifica sulla effettiva utilità pubblica delle prestazioni extrabudget effettivamente rese dalle case di cura private ricorrenti davanti al TAR e, nei limiti in cui tale utilità fosse realmente accertata, valutare la possibilità di prevedere, per le prestazioni rese e ritenute utili, una sorta di ristoro in via meramente transattiva. Del resto anche nella contestata delibera del Commissario ad acta (e in altri atti di causa) si fa cenno a possibili accordi transattivi e di una possibile transazione fra le parti si è fatto cenno anche nel corso della discussione nella udienza pubblica. P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie l ‘appello e, per l’effetto, annulla la sentenza del T.A.R. Abruzzo – L’Aquila, Sezione I, n. 263 del 4 giugno 2009. Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:IL PRESIDENTEL’ESTENSOREIL SEGRETARIOCristina ManuppelliDante D’Alessio

Condivisione.

Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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