L’AQUILA – “Colpevoli?” Il punto interrogativo é gigantesco nel titolo dell’articolo che oggi una delle riviste scientifiche di riferimento internazionale, Nature, dedica alla vicenda del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009. Una storia alla quale Nature ha deciso di dedicare la copertina e che è destinata a diventare un caso internazionale.

In gioco c’é l’enorme responsabilità di comunicare in modo equilibrato, ma anche efficace, il rischio che avvengano eventi naturali tanto catastrofici quanto imprevedibili, i terremoti innanzitutto, ma anche inondazioni e tsunami.

Dopo la prima reazione di solidarietà agli indagati, fra i quali l’ex presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica (Ingv), Enzo Boschi, il mondo scientifico scende ancora in campo. Questa volta lo fa per capire che cosa è avvenuto di sbagliato nella riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009, le cui conclusioni sono costate ai sei componenti l’accusa di omicidio colposo plurimo.

E’ fuori discussione, secondo i ricercatori, il fatto che prevedere un terremoto sia impossibile alla luce delle conoscenze scientifiche attuali. Bisogna piuttosto riflettere sulle strategie di comunicazione perché quello che è accaduto all’Aquila è destinato a fare riflettere e porterà i sismologi di tutto il mondo a chiedersi quale sia la strategia migliore per comunicare il rischio. Comunicazioni così delicate “devono essere fatte bene, e all’Aquila non è stato fatto”: é il giudizio severo e senza appello espresso su Nature da Thomas Jordan, direttore del Centro terremoti dell’Università della California a Los Angeles e presidente della Commissione Internazionale sulla Previsione dei Terremoti (Icef).

Tuttavia, la stessa rivista rileva che il 31 marzo 2009 la Commissione Grandi Rischi aveva lavorato in condizioni tutt’altro che facili. Nei giorni precedenti la tensione, già forte nella popolazione a causa dello sciame sismico in atto, era aumentata notevolmente in seguito agli allarmi sull’arrivo di un terremoto lanciati da Giampaolo Giuliani e basati sull’analisi delle emissioni di radon dalla roccia. I risultati di Giuliani, presentati da Nature come “un tecnico di laboratorio”, sono giudicati “insoddisfacenti” nell’articolo, che riporta i dati dell’Icef: Giuliani “non ha ancora pubblicato un singolo articolo sul radon che abbia superato l’analisi dei revisori”, ossia la cosiddetta peer-review (revisione fra pari) che garantisce la legittimità di un lavoro scientifico.

Inoltre quella riunione della Commissione Grandi Rischi, rileva ancora la rivista, era avvenuta in modo anomalo: le sessioni avvengono di solito a porte chiuse, ma in quell’occasione “Boschi era rimasto sorpreso nel vedere decine di governanti locali e altre persone esterne alla comunità scientifica assistere alla riunione, durata circa un’ora, nella quale i sei scienziati si sono trovati ad affrontare un’ondata di timori da parte della popolazione locale”

La replica di Domenico Giardini, presidente dell’Ingv

“I ricercatori hanno il dovere di esporre le tante incertezze delle quali è disseminato il loro lavoro, così come tradurre queste informazioni in comunicazioni rivolte ai cittadini è compito delle autorità”: è la posizione del neo-presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Domenico Giardini, sul “caso” sollevato a livello internazionale dalla rivista Nature, che a quanto è accaduto nella comunicazione del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009 ha dedicato un ampio articolo e la copertina.

Appena rientrato dal Giappone e fuori Italia da 14 anni, che ha trascorso in Svizzera a capo del Servizio sismologico, Giardini non entra nel merito della vicenda del terremoto dell’Aquila, ma parla del problema generale di come esporre alla popolazione del rischio di un terremoto.

“E’ un tema di estrema delicatezza”, ha detto il sismologo alla vigilia del suo insediamento alla presidenza dell’Ingv. “In generale il problema della comunicazione del rischio sismico pone due problematiche: da un lato i ricercatori parlano linguaggi diversi; dall’latro è quasi impossibile comunicare il rischio relativo a eventi rari”. Per esempio, prosegue, “é noto che tanti terremoti avvenuti nella storia, ma si pensa sempre che avvengano altrove”. Ma l’Italia, rileva, è un Paese sensibile ai terremoti, tanto che “il terremoto dell’Aquila non è stato un evento raro, non c’erano particolari dubbi che potesse accadere. L’area infatti é ad alto rischio”.

Il problema, secondo Giardini, è “come un sismologo deve agire quando si deve passare dall’informazione scientifica all’informazione rivolta alla Protezione Civile. Questa ha bisogno di informazioni chiare, con un margine di incertezza minimo o nullo, ma nel mondo scientifico – rileva il sismologo – il margine di incertezza è enorme”. Si pone allora il problema di come tradurre questa comunicazione così difficile: “si tratta di trasferire l’incertezza verso una chiara indicazione da parte della Protezione civile: questo è davvero molto difficile”.

I ricercatori, aggiunge, “hanno il dovere di riferire le conoscenze scientifiche e in Italia questo compito é dell’Ingv, ma non per questioni che riguardano la protezione Civile”. E’ tuttavia “un problema che esiste ovunque: è sempre molto difficile distinguere chi ha la responsabilità di dire che cosa” e di “tradurre conoscenze che hanno un margine di incertezza in affermazioni che richiedono una risposta che sia un sì o un no, come quelle relative all’evacuazione di un centro abitato. Se questa incertezza deve essere comunicata, questo deve essere fatto dalle autorità preposte”

Mario Morcellini: “Analisi di Nature non condivisibile”

L’analisi pubblicata dalla rivista scientifica Nature, secondo la quale in occasione del terremoto che nel 2009 ha colpito l’Aquila sono stati fatti “troppi errori di comunicazione”, “non è condivisibile”. E’ netto il giudizio del direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale dell’Università La Sapienza di Roma, Mario Morcellini: è inoltre “sorprendente – commenta – che tale articolo venga pubblicato proprio nell’imminenza dell’avvio del processo che coinvolge i componenti della Commissione Grandi Rischi”.

E’ “troppo facile – sottolinea l’esperto – dire che in quell’occasione bisognava ‘comunicare bene’, soprattutto perché, come si riscontra anche nell’articolo, i terremoti non sono scientificamente prevedibili”.

In generale, secondo Morcellini, ciò che la rivista scientifica avrebbe dovuto spiegare, “così come insegna la letteratura scientifica in caso di emergenza, è che il primo obiettivo di un operatore pubblico è ridurre l’ansia collettiva e il panico”.

Il punto, osserva, è che in occasione del terremoto all’Aquila “si è determinato un problema al livello dei mezzi stessi di comunicazione: c’é stato cioé un ritardo nella tempestività delle notizie, con le radio locali che, nell’era della multimedialità, sono state le prime a comunicare ciò che stava accadendo”.

Andrebbe inoltre approfondita l’analisi sul come i messaggi sono stati veicolati: “Nell’emergenza sono infatti due – afferma Morcellini – i mezzi cui ci si affida: la tv ed i rapporti interpersonali. E va sottolineato – aggiunge – che la percezione del rischio non è tanto dovuta ad un eventuale messaggio iniziale, quanto al modo in cui sono rielaborati i messaggi veicolati dalla tv”. Per questo, rileva, “i messaggi nelle emergenze dovrebbero essere iper-semplificati”.

Ad ogni modo, è il giudizio di Morcellini, “quella pubblicata da Nature appare un’analisi piuttosto gracile di una tematica elaborata; un’analisi – prosegue – un po’ sommaria e ‘per tesi’, come se il giudizio finale fosse già fissato in partenza”. Insomma, conclude l’esperto di comunicazione, “un giornalismo che si trasforma nella Corte dei Conti rischia, anche nel caso del giornalismo scientifico, di non essere un buon giornalismo”

Gli esperti: “Difficile comunicare senza dati certi”

Dalle pagine di Nature il sismologo dell’Ingv, Giulio Selvaggi, fra gli indagati della Commissione Grandi Rischi, rileva che “il ruolo della scienza è fornire le informazioni sul rischio”, ma che “il ruolo dei decisori è prendere atto di queste informazioni, così come di altre, per prendere decisioni per il bene comune”.

Rende bene l’indeterminatezza di ogni tentativo di previsione l’osservazione di un altro sismologo dell’Ingv, Alessandro Amato: quando avverrà un altro terremoto, questo “potrebbe forse essere preceduto da avvisaglie (che comunque non sapremo interpretare), ma più probabilmente non lo sarà”. Perciò, rileva, “il punto principale è la riduzione graduale del rischio, con interventi per ridurre la vulnerabilità dei fabbricati”. Perciò bisogna “prepararsi nel tempo, informarsi su cosa dobbiamo aspettarci nella zona in cui viviamo, sapere cosa fare, intervenire sulle nostre abitazioni e luoghi di scuola e lavoro. Pensare che qualcuno ci darà l’allerta poco prima potrebbe distogliere l’attenzione dalla prevenzione sarebbe un errore”

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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