L’AQUILA-Solo ottanta milioni per l’emergenza, forse cento, sotto l’albero del terzo Natale del terremoto. Una promessa che Massimo Cialente è riuscito a strappare ai funzionari del ministero dell’Economia e, sembra, allo stesso presidente del Consiglio durante una telefonata fugace, mentre il Commissario alla ricostruzione Gianni Chiodi è deciso a dimettersi insieme a tutti gli altri sindaci del cratere se alle parole non seguiranno i fatti. Non c’è entusiasmo sotto l’albero del terzo Natale del terremoto, ma dubbi e incertezze, anche se il sindaco dell’Aquila mostra qualche fiducia in più degli altri.
Certo, dice, non vorranno lasciarci con soli trenta milioni per l’emergenza, dovremmo tagliare l’autonoma sistemazione, i sussidi, i contratti a termine, chiudere quasi il Comune, è chiaro che non possono permettere tutto questo, pena conseguenze gravissime anche sul piano istituzionale. E così rimane la fiducia, il significato delle parole e delle promesse che non possono restare soltanto tali. E soprattutto resta la convinzione che le guerre, le dispute, le accuse in chiave elettoralistica non servono a molto. Tutt’altro.
Contribuiscono a rendere più confuso l’oggi e fitto di nebbie il domani. Chiodi e Cialente, nonostante le divergenze e la diversa appartenenza politica, devono marciare a braccetto insieme a tutti gli altri sindaci del cratere. Vale comunque la pena sottolineare che molte delle responsabilità vanno fatte ricadere sulle lungaggini della ricostruzione, sui ritardi della filiera: Fintecna, Reluis, Cineas e Comune.
Cialente farebbe bene a guardare di più in casa propria. Stessa cosa Gianni Chiodi, visto che neppure la Struttura commissariale è stata finora un fulmine di guerra. Se un numero maggiore di aquilani fosse rientrato a casa, il governo avrebbe dovuto spendere di meno per l’emergenza. Così dobbiamo tenerci, per ora, la promessa di questi ottanta (o cento) milioni, cercando di passare un Natale tranquillo.