L’AQUILA- Dunque saranno i sindaci i commissari alla ricostruzione. Che Dio ce la mandi buona verrebbe da dire, se non fosse che i poteri di coordinamento, di controllo e programmazione resteranno al presidente della Regione. I cordoni della borsa, cioè, saranno altrove e direttamente sotto il controllo del governo. Va bene così, anzi benissimo. Anche se dei sindaci c’è da fidarsi, ma fino a un certo punto. Quello dell’Aquila, ad esempio, voleva mettere su una struttura ‘monstre’. Una struttura ‘in house’, cioè fatta in casa, composta di 40 tecnici, che avrebbe dovuto sostituire la ‘filiera’. Quando il nostro sindaco lo ha detto a Barca, che ha la delega per L’Aquila, il ministro lo ha guardato di traverso. E’ bastata quell’occhiata per far rientrare (ma è poi rientrata?) la proposta. Dei Comuni c’è da fidarsi, perché conoscono bene il territorio e hanno un contatto diretto con gli abitanti. E, volendo, possono procedere più spediti di quanto non sia avvenuto sinora. C’è da fidarsi, certo, ma fino a un certo punto, perché è nei meandri dei municipi, nei labirinti della burocrazia comunale, si nasconde spesso la propensione al clientelismo, il vecchio vizio del favoritismo amministrativo. E’ per questo che la gestione diretta della ricostruzione da parte dei Comuni, sarà un sfida, specie per il futuro sindaco dell’Aquila che avrà avanti cinque anni per trasformare la città da una “cartolina sbiadita” come ha detto Barca, in una città nuova o almeno in un progetto iniziale ma compiuto di città nuova. Ma a patto, come dice il ministro, che finiscano il balletto delle responsabilità e lo scaricabarile e si guardi avanti gettandosi alle spalle il passato. Un po’ ne dubitiamo, pure se è un obbligo essere ottimisti per L’Aquila e gli aquilani.