L’AQUILA-Il tribunale del Riesame dell’Aquila ha respinto stamane il ricorso presentato dall’avvocato Francesco Carli difensore di fiducia di Vanna Andreola, la dirigente regionale finita agli arresti domiciliari nell’ambito dell’operazione Caligola condotta dalla polizia di Pescara. E’ sull’insussistenza del pericolo di reiterazione del reato e dell’inquinamento delle prove che l’avvocato Francesco Carli ha essenzialmente basato la difesa di Giovanna Andreola. Il collegio dei giudici ha respinto il ricorso avverso l’ordinanza di custodia cautelare (Andreola resta ai domiciliari) dell’arrestata nell’ambito dell’operazione Caligola. Un’udienza durata poco, il tempo necessario per l’avvocato Carli di spiegare le ragioni per cui non sussiste il pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove. Carli aveva fornito molteplici argomentazioni. Assente all’udienza, il pm titolare dell’inchiesta, Antonietta Picardi che aveva comunque insistito (per la seconda volta) nell’applicazione della misura cautelare. Il pm nell’udienza del mese di febbraio aveva depositato nuovi documenti, frutto delle recenti acquisizioni effettuate dalla Squadra mobile della Questura di Pescara, che ha portato avanti l’indagine. Andreola viene definita dai magistrati aquilani “chiave di volta dell’inchiesta”, perché avrebbe agito per far avere al marito, Michele Galdi, consulenze da importanti società. Nel mirino degli investigatori la gara per i fondi Ipa, che Ecosfera si sarebbe aggiudicata per un milione di euro, mentre alla Cyborg srl sarebbe stata attribuita una commessa di circa centomila euro tutto grazie all’accordo tra Lamberto Quarta e Andreola, con in contropartita le consulenze affidate a Galdi. Circostanza smentita da Carli, che ha sottolineato come la gara non sarebbe stata condotta su intervento diretto della Andreola. Dei fondi Ipa avrebbe solo dialogato con i rappresentanti della Regione Puglia che hanno fatto parte della commissione di gara. L’avvocato ha annunciato l’intenzione di ricorrere in Cassazione