L’AQUILA- Chi pensava a una ‘legge perfetta’ per L’Aquila, che risolvesse tutti o quasi i problemi della ricostruzione, o quanto meno la rendesse più agile, forse dovrà ricredersi. Il ‘decreto Barca’ che passa domani all’esame del parlamento, contiene diverse cose che non vanno, e non siamo soltanto noi a dirlo. Ci sono i sindaci dei piccoli comuni che si sentono defraudati, ci sono i lavoratori a contratto per la metà dei quali non v’è certezza di conservare il posto perché il ministro ha detto a chiare lettere che “la ricostruzione non può essere fatta dai co.co.co.” e che dei 600 addetti a tempo determinato ne vuole conservare 300, ma buoni: vi sono poi due parti del decreto che riguardano più direttamente il centro storico dell’Aquila e che pongono in evidenza il bluff delle seconde case e un centralismo che tende a mettere da parte i cittadini e a incentivare la ricostruzione degli aggregati da parte del Comune.
IL BLUFF DELLE SECONDE CASE
Partiamo dal bluff. Dice il decreto al comma 5 dell’articolo 67 quater che “in considerazione del particolare valore del centro storico dell’Aquila, alle unità immobiliari diverse da quelle adibite ad abitazione principale (cioè alle seconde case ndr) è riconosciuto un contributo per il miglioramento sismico, comprese le rifiniture esterne e le parti comuni dell’edificio”. Un bluff, appunto, perché la ricostruzione delle parti comuni delle seconde case, era già prevista dalle vecchie ordinanze, quella per le ‘E’ della periferia, ad esempio. Le seconde case del centro, oltre al finanziamento ‘in toto’ per le parti comuni, avrebbero avuto comunque un contributo pari all’80 per cento per i singoli appartamenti, se i proprietari degli stessi non ne avessero ricevuti altri in precedenza. Il decreto non fa altro che adeguarsi alle vecchie ordinanze, con un’eccezione: riconosce il rifacimento delle parti comuni anche all’unico proprietario. Cioè, se una persona possiede da sola un palazzetto in centro, avrà anch’essa il contributo per rifare le strutture e gli elementi architettonici esterni.
IL NEOCENTRALISMO DI BARCA
E veniamo al “neocentralismo” del decreto ispirato dal ministro Barca. E’ prevista la delega ‘volontaria’ ai Comuni da parte dei proprietari degli aggregati da ricostruire. Una delega che riguarderà le fasi della progettazione, esecuzione e gestione dei lavori. Per favorire una soluzione del genere, il governo prevede anche un incentivo consistente nella possibilità di ampliamento dell’immobile, non superiore al 30%, o nel del mutamento della destinazione d’uso dello stesso. E’ una visione centralistica, anche se non coercitiva, della ricostruzione che tende a mettere da parte i cittadini. L’impressione è che il governo abbia voluto sostituirsi alla Regione nei controlli sui Comuni che dovranno gestire la bellezza di 7 miliardi e mezzo di euro più il resto nel prossimo decennio. Per questa ragione, gli aquilani chiedono che al primo posto ci sia trasparenza e che i controlli siano strettissimi. La ricostruzione dell’Aquila è un affare gigantesco che già sta suscitando enormi appetiti. Il dubbio che i Comuni riescano a gestirlo al meglio è più che legittimo (G.D.R.).