L’AQUILA-Va bene così. Lo diciamo con tutta franchezza. Dal Comune arrivano finalmente provvedimenti importanti per l’assistenza alla popolazione terremotata. Stavolta non si tratta più di dare, ma di prendere. Il sindaco ha infatti comunicato che, dal primo agosto, chi prima del terremoto viveva in un appartamento in affitto, pagherà il canone se oggi abita in un alloggio del Progetto Case o in un Map oppure in un appartamento del Fondo immobiliare e così via. E’ un affitto minimo. Il sindaco si è affrettato a precisarlo, 2,60 euro a metro quadro non sono quasi nulla. Egualmente si è affrettato a dire che gli arretrati possono essere rateizzati, quasi a chiedere scusa per un provvedimento che lui per primo ritiene impopolare. Forse lo sarà pure, visto come siamo stati abituati dopo il terremoto: case più che decenti e già arredate, soldi per pagarsi l’affitto di un’abitazione al posto di quella terremotata, tasse sospese e rimborsi delle stesse per appena il 40 per cento. Un provvedimento impopolare, forse, ma giusto. Anzi giustissimo. Chi abita oggi in un appartamento di 50 metri quadrati pagherà appena 130 euro al mese, e giustamente il sindaco lo chiama ‘contributo’. Provate a chiedere a chi dovrà versare al Comune un canone del genere, quanto pagava prima del terremoto per l’abitazione in cui viveva in affitto: non meno di 500-600 euro mensili. E allora? Non abbia tiomore il sindaco. Sì, è necessario il consenso sociale per certi provvedimenti, anche questo è giusto, ma fino a un certo punto. Perché il consenso sociale è una cosa, ma l’ostinazione è un’altra. E il Comune non può permetterselo in tempi di magra. Così, bisogna accelerare nel ridurre il contributo di autonoma sistemazione. Se ci sono le condizioni, si deve insistere con i trasferimenti negli alloggi del Progetto Case che via via si stanno svuotando. I risparmi che si faranno, potranno essere reinvestiti, sia pure indirettamente, sulla ricostruzione della città.
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