L’AQUILA- L’idea di Massimo Cialente di Rieti e L’Aquila insieme, è certo intrigante ed evoca un passato neppure tanto remoto. Amatrice, Cittaducale, Antrodoco facevano parte della provincia dell’Aquila. Lo restarono fino al 1927 quando il Fascismo mutilò i nostri territori a ovest e fece nascere la provincia di Rieti, tra le più piccole d’Italia e per questo caduta sotto la scure di Monti. Ad Amatrice e Cittaducale gli aquilani vengono accolti ancor oggi con particolare calore, segno che gli antichi legami durano ancora. Non è il primo Massimo Cialente a vedere insieme L’Aquila e Rieti. Già trent’anni fa Luciano Fabiani, come ricorda bene Walter Cavalieri, lanciò la proposta di una regione Sabina con le due province dell’Aquila, capoluogo, e di Rieti. Erano tempi, da noi, di dispute mai sopite. Divampavano i localismi, prevaleva il campanile specie nei periodi di elezioni. L’Aquila non era vista di buon occhio (come oggi, del resto) dagli altri capoluoghi abruzzesi, ma anche da Marsicani e Peligni che ambivano anche loro a diventare Province a sé. Soltanto l’esiguità dei territori ha impedito che pure in Abruzzo si ripetesse la situazione indecorosa della Puglia con la nuova provincia di Barletta-Andia-Trani.
In effetti L’Aquila ha sempre guardato più a ovest che a est (Chieti – Pescara) o a nord (Teramo). Anche il dialetto aquilano è per certi versi anomalo, come il carattere degli abitanti meno espansivo ma orgoglioso e determinato. Quel carattere e quella decisione che fermarono Braccio da Montone fuori dalle mura urbane e che, vinta la guerra, fecero dell’Aquila la seconda città del Regno di Napoli.
La Storia parla e parlerà sempre. Perciò comprendiamo Massimo Cialente e Walter Cavalieri, ma la loro idea dell’Aquila e Rieti insieme, è destinata a restare soltanto tale. E poi, se è vero che piacerebbe a Cittaducale, Amatrice o Leonessa, sarebbe davvero gradita a Rieti? Ma non è questo il punto. Il problema è un altro: ci sarà per davvero il taglio delle Province e il riassetto dei territori? Il sospetto è che dopo le prossime elezioni, usciti di scena il Professore e i tecnici, si tornerà ai campanili e ai localismi e che del taglio delle province non si sentirà più parlare.