L’AQUILA- Prima la colpa era di Chiodi, oggi è del governo e dei sindacati. Non conta un bel nulla che il parlamentare di riferimento del sindaco e della giunta, ascoltato in commissione alla Camera, abbia detto che a lui dei 600 precari del Comune dell’Aquila “non fregava un bel nulla”. Si continua ad addossare ad altri responsabilità proprie vere o presunte, anche se ormai sono saltati gli schemi, come in una partita di calcio negli ultimi minuti giocati con disperazione dalla squadra che perde.
Sul concorsone, a palazzo civico si continua a masticare amaro. Forse si pensava di gestire la cosa in ben altro modo, ma poi, di fronte all’atteggiamento del governo che non poteva fare una selezione pubblica per assumere 300 persone favorendo gli aquilani, s’è fatto come Ponzio Pilato. E i precari, tutti i precari, compresi gli 88 del Comune che di promesse ne avevano avute abbastanza specie in campagna elettorale, sono stati gettati a mare, nonostante il tentativo risibile di recupero di queste ore di far inserire quiz specifici sulla ricostruzione nel test di preselezione.
Ripetiamo: forse il Comune non poteva fare diversamente, e il “no” a precedenze e franchigie, gli ha tolto in fondo le castagne dal fuoco. Questo lo hanno capito alcuni assessori, ma il sindaco no. Il sindaco ha continuato a dire che la colpa non era la sua, che se fosse stato per lui avrebbe agito diversamente. Capiamo Cialente, ma non siamo d’accordo.
Sappiamo bene che lui avrebbe voluto che il concorsone lo gestisse il Comune, ma è arrivato il governo, è arrivato Barca e ha messo i paletti. Di fronte alla prospettiva di ricorsi a valanga e alla richiesta precisa di parlamentari non abruzzesi (sì al concorso, ma deve essere per tutti), altre soluzioni non erano possibili.
L’errore è stato non averlo capito prima. Un buon amministratore certe cose deve sentirle, prevederle, specie quando sono in ballo miliardi, come quelli che serviranno per la ricostruzione dei centri storici. L’altro errore è stato non aver agito con chiarezza. Perché le promesse ai precari?
Perché illuderli fino agli ultimi giorni? Perché non si è detto subito, dopo l’approvazione della legge per L’Aquila, che le cose non sarebbero andate così lisce come s’era raccontato fin allora? Succede, direte, ma a un sindaco ‘illuminato’ come si ritiene il nostro, non dovrebbe capitare. Ora il rischio è che dei 600 precari, quelli che finora hanno contribuito alla ricostruzione della città e di cui “non frega niente” all’onorevole di riferimento di sindaco e giunta, ben pochi rientreranno nella graduatoria finale del concorsone. Noi speriamo di no, per loro, ovviamente, e per L’Aquila.