I soldi, pare, sono in arrivo, pochi per adesso, ma veri. E se i conti ancora non tornano perché ne serviranno molti altri di soldi, si può ripetere ancora una volta che nessun governo, di qualsivoglia colore, potrà mai assumersi la responsabilità di non provvedere alla ricostruzione della nostra città. Sarà una ricostruzione lenta, è certo, ma ci sarà. Andrà di là dei tempi previsti, dei calcoli fatti e delle comuni aspettative, ma alla fine non potrà non esserci.
Ma stiamo al punto. Le richieste erano ben altre. Un miliardo l’anno secondo il cronoprogramma del Comune, per l’Aquila e le frazioni; 5 miliardi fino al 2018 a partire da subito. Il governo ce ne vuole dare uno solo aumentando le marche da bollo, più 200 milioni di euro fino al 2019 e a cominciare dal 2014. I conti sono impietosi: 200 milioni l’anno che vanno divisi tra tutti i comuni del cratere. C’è una bella differenza, certo, ma è già qualcosa. Lo diciamo a chi ha storto la bocca non appena si è saputo che il governo stava per presentare l’emendamento per L’Aquila. Una presa in giro, ha detto qualcuno e ha aggiunto: così non si va da nessuna parte. Calma e gesso, aggiungiamo noi, e soprattutto restiamo coi piedi per terra. Questo soldi rappresentano un segnale importante, la volontà concreta da parte del governo, di non fare dell’Aquila un’altra Pompei. Non sono insomma la solita promessa, il “vedremo, faremo” che abbiamo sentito troppe volte ripetere nei palazzi romani. Non sono certo ”il miliardo per il 2013” sbandierato dal sindaco subito dopo l’incontro col sottosegretario Catricalà, ma qualcosa di concreto questi soldi lo sono. E cioè, ripetiamo: soldi veri, pochi ma veri. E gli altri che servono a questa città? C’è innanzitutto alle porte la discussione sulla legge di stabilità e potrà essere quella l’occasione per gettare altre carte sul tavolo. E poi c’è la politica, la buona politica, che è in grado, come s’è visto, di dare risultati. E allora andiamo avanti, con serietà e senza troppi strilli, anche se alzare la voce qualche volta non guasta. Serve a farsi rispettare e a chiedere il rispetto dei patti. Le promesse, quelle sì, sono un’altra cosa e servono a ben poco.