“Recuperiamo la bellezza”. Sì, certo, ma intanto cominciamo ad attaccare i manifesti negli spazi consentiti e non dappertutto come si vede dalle foto che pubblichiamo, altrimenti si rischia di rendere la città più disordinata (non brutta, checché ne dica quella testa vuota di Oliviero Toscani) di quello che è.
In questa sede non vogliamo entrare nel merito dell’evento che ha avuto per protagonista Massimo Cacciari, filosofo emerito ed ex sindaco di Venezia, ma diciamo con franchezza che non condividiamo neppure il suo punto di vista. Secondo noi L’Aquila va ricostruita “com’era dov’era” anche per la parte che non riguarda i monumenti.
Certo, per quanto è possibile, perché ci rendiamo conto che è molto difficile cancellare del tutto gli effetti del terremoto. Condividiamo, tuttavia, la scelta che è stata fatta nelle ore tragiche che hanno seguito il sisma, e cioè che un giorno avremmo riavuto L’Aquila, noi i cittadini, come l’avevamo ‘lasciata’ prima delle 3.32 del 6 aprile del 2009.
Per tornare all’evento dell’altra sera, aggiungiamo con franchezza che chi ha piazzato quei manifesti dove non dovevano stare, ha compiuto una scorrettezza grave che non gli fa onore. Il Comune, che pure ha patrocinato l’iniziativa, se n’è lavato le mani. Sostiene che sui manifesti non c’è né il visto dell’ufficio competente, né altro.
Benissimo, ne prendiamo atto, ma fino a un certo punto. Perché se ci sono organizzazioni di eventi che “fanno quello che vogliono”, il Comune ha il dovere di far rispettare regolamenti e leggi a suon di multe all’occorrenza. Se vuole, nel caso specifico, può farlo anche adesso.