“Me ne vado, ho perso io, hanno vinto gli altri più forti di me”. A distanza di qualche giorno, cominciano a essere più chiari i contorni di quella frase in cui Massimo Cialente, sindaco dimissionario per la vicenda delle tangenti del terremoto, indicava senza precisarli poteri più o meno occulti che avrebbero tramato ai suoi danni. Chi sono i nemici cui accennava Cialente? Oggi il quadro è molto più chiaro, come sembra più evidente il grande affannarsi del Pd aquilano attorno alla poltrona del sindaco, secondo alcuni con l’obiettivo di farlo tornare sui suoi passi.

Ma torniamo ai ‘poteri forti’. Cialente ce l’aveva innanzitutto con Trigilia, ministro arruffone per L’Aquila, che ha rivalutato, e di molto, la figura di Fabrizio Barca che alla città, ricordiamolo, non ha portato un soldo  (ha solo sbloccato somme stanziate dal vecchio governo Berlusconi e fatto il concorsone).  Ma Trigilia era un bersaglio troppo mobile per essere concreto o reale. In fondo non era lui che allentava i cordoni della borsa quando il Governo pagava. Tanto vero che il ministro veniva puntualmente smentito sull’entità dei finanziamenti (pochi) all’Aquila quando erano erogati. L’obiettivo vero di Cialente era la Chiesa aquilana, con la Curia arcivescovile in prima fila che si era fatta avanti per gestire direttamente la ricostruzione degli edifici del clero e quelli di culto (leggi le chiese). Conta poco che poi i vescovi abbiano smentito.

E per favorire le mire della chiesa aquilana, diceva il sindaco a Napolitano nella famosa lettera tirata fuori lunedì, i ‘poteri forti’ erano riusciti a ottenere il trasferimento del soprintendente ai Beni Culturali Mangani, nominato per gestire gli interventi a Pompei. Una sortita che non è piaciuta ai vescovi che hanno bacchettato Cialente, e soprattutto all’ala Pd cattolico-popolare. Il sindaco, insomma, avrebbe fatto il mangiapreti, come gli era già capitato, in perfetto stile veterocomunista.

Ma la cosa che più avrebbe turbato il sindaco, sarebbe stato il tradimento del rettore dell’Università Paola Inverardi che ha stabilito un filo diretto tra l’Ateneo aquilano e il ministro Trigilia per un piano di recupero complessivo  della città, escludendo il Comune. Un reato di lesa maestà che brucia tanto a alla trimurti piddina Cialente-Lolli-Pezzopane, che ai vertici del partito all’Aquila.

E a questo punto entra in gioco la missione romana di ieri del Pd aquilano, con la ‘trimurti’ in prima fila più il sottosegretario Legnini, che ha incontrato il vice segretario nazionale del partito (Renzi non s’è visto) per chiedere il pieno appoggio alla richiesta di sostegno finanziario alla città da parte del governo, e soprattutto l’adesione del Pd nazionale alla ‘grande manifestazione’ di venerdì per Cialente. E qui le scuole di pensiero si dividono. C’è chi dice che l’adunata di venerdi’ sarebbe un atto di grande solidarietà, ma anche di estremo addio al sindaco. E c’è chi afferma il contrario: sarebbe cioè una forma di pressione forte per indurre il sindaco a ritirare le dimissioni, e Cialente non aspetterebbe altro.

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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