L’AQUILA – Sulla vicenda dell’Aeroporto di Preturo si continua ad agire per editti e slogan pro o contro ma di idee, intenzioni e, soprattutto, piani industriali, c’è ancora poco.
Non si può bollare l’iniziativa come fallimentare prima di aver valutato attentamente le prospettive e le potenzialità né si possono “pretendere” impegni ed investimenti senza aver prima sviluppato una linea di azione.
Di sicuro l’idea di un aeroporto “aquilano” non può che essere una idea romantica, un sogno ed un segnale non solo di rinascita ma di voglia di sviluppo, però bisogna fare i conti con una realtà, territoriale, economica e politica, che dovrebbe fare molto di più per rendere questo desiderio non solo realizzabile ma addirittura auspicabile.
In primo luogo si dovrebbe far convergere gli attori del territorio sul progetto cercando di capire chi può e come può fare qualcosa perché un aeroporto non serve solo per andare in vacanza ma può (e deve) essere anche un’occasione di apertura verso mercati apparentemente troppo distanti (Nord Europa, Europa dell’est, area mediterranea, ecc.).
Per questo occorre un coinvolgimento in primis della Camera di Commercio e lo sviluppo di azioni positive da parte delle nostre Associazioni di categoria che però, fino ad oggi, non sono state molto coinvolte e non hanno ancora visto quel piano industriale che caratterizza ogni iniziativa progettuale.
Si potrebbe poi cercare un coinvolgimento dell’Opera Romana Pellegrinaggi, che ogni anno muove frotte di fedeli, attraverso il coinvolgimento della Curia locale che dovrebbe però (finalmente) diventare parte attiva nella promozione dei numerosi percorsi religiosi che, da noi, sono sempre stati solo un costo e mai un reale vantaggio.
Bisogna poi immaginare una infrastruttura aeroportuale che non sia solo “aquilana” ma che possa essere realmente vantaggiosa per le zone limitrofe (Teramo, Marsica, Rieti) e quindi, compito del Comune, accelerare le opere di viabilità che garantiscano un agevole accesso all’Aeroporto.
Se tutto ciò venisse programmato e calendarizzato siamo certi che l’idea di sviluppare il terminal a L’Aquila non sarà più una utopia e potrebbe anche risvegliare quella coscienza locale attiva, propositiva e un po’ folle, palesata negli anni ’70, che oggi appare comatosa al punto di averci fatto rinunciare all’unica opera davvero in grado di garantire uno sviluppo del territorio: la ferrovia L’Aquila – Roma.