L’AQUILA – L’area di S. Andrea, nei pressi di via XX Settembre, è inserita tra le zone della città per le quali è ritenuto necessario un recupero che vada oltre la ricostruzione dell’esistente.
Tristemente nota per l’elevato numero di vittime nel sisma del 2009, per la particolare natura del terreno messa in evidenza dalle voragini create dal sisma e dai successivi studi, per i gravissimi danni riportati da tutti gli edifici presenti nell’area, ha anche una storia che può far riflettere e constatare come spesso interessi diversi da quelli dell’intera comunità possano condurre, anche a distanza di decenni, a disastri evitabili se solo si fosse posta maggiore attenzione alla natura dei luoghi e a riflessioni che la stessa storia suggeriva.
Il nome S. Andrea è quello che ha origini più antiche nella storia di quest’area che è compresa tra via XX Settembre, via Francesco De Marchi, via Campo di Fossa per un tratto e le Mura civiche. Il nome ricorda un antico monastero con la relativa chiesa dedicata a S. Andrea di Bagno, fondato nel 1368 grazie a una donazione di alcuni abitanti di Bagno per accogliere monache Agostiniane. Non è questa la sede per ripercorrere le vicissitudini del Monastero che perse completamente la sua funzione dopo la distruzione causata dal terremoto del 1703. Del sito se ne ritrova documentazione a distanza di 50 anni, nel catasto onciario del 1756, unicamente come «vigneto con orto murato».
Da tale data fino al primo ‘900 la zona non conosce modifiche e in alcune foto di quegli anni è ancora perfettamente visibile il terreno agricolo circondato da mura che occupava il terreno su cui sorgeva il monastero. Del resto tutto il territorio appartenente al Campo di Fossa per secoli era stato scarsamente abitato, iniziando il suo sviluppo urbanistico soltanto dopo il terremoto del 1915.
Nel 1912 Evandro Tomai, medico oculista dell’Aquila, acquista tutta l’area, vi costruisce un villino nei pressi di via XX Settembre e da allora, come per i vicini orti appartenenti alla famiglia Cipolloni, il luogo verrà indicato come orti Tomai anche se la proprietà passa di mano già nel 1925 con la vendita alla Società Finanziaria Anonima Ricostruzioni Asiamiche (F.A.R.A.) con sede a Roma.
13 gennaio 1915: il grande terremoto di Avezzano colpisce anche Aquila con danni e sfollati che proprio nell’area di Campo di Fossa iniziano a costruire «casette antisismiche». Una Commissione Comunale con una serie di argomentazioni si dichiara contraria a questo proliferare di costruzioni in aree non urbanizzate auspicando una programmazione con un piano regolatore. Del resto, affermava il Rivera, tale piano era necessario per la natura dei terreni dato che “[…] non è la terra che manca colà per riempire quei vuoti. Ma sul forte interro non potrebbero mai piantarsi le casette antisismiche a costo di perdere questa loro qualità […]”. La soluzione si trovò con il piano regolatore dell’ingegner Giulio Tian che in tutto il Campo di Fossa prevedeva una prevalenza di giardini con poche costruzioni a villino e negli Orti Tomai solo giardini, un viale lungo le mura e alcuni impianti sportivi.
Basta confrontare il piano Tian del 1917 (fig. 1) con quello del 1931 e si potrà constatare come, dei giardini previsti, fosse rimasto unicamente quello di Piazzale Pasquale Paoli poi realizzato.
Il piano Tian verrà completamente alterato da operatori economici che già si erano costituiti in una società anonima e che vedevano negli orti Tomai e Cipolloni interessanti luoghi da lottizzare, oltre che, ovviamente, dalla incapacità dell’Amministrazione Comunale di opporsi a tali interessi.
La società FARA, costituitasi nel 1916, aveva predisposto per gli Orti Tomai un piano di lottizzazione su circa 6000 m² con quattordici lotti fabbricabili e modifiche sostanziali della viabilità prevista nel piano Tian. I progettisti considerarono per le richieste questa ufficiosa sistemazione e, come afferma lo Stockel, «questo fatto sarà determinante per la confusione edilizia ancora registrabile in questa zona» frutto di una mancata puntuale progettazione da parte dell’Amministrazione che approvava progetti prima di un’organica programmazione.
La completa urbanizzazione dell’area all’interno delle Mura e anche all’esterno si realizza negli anni ’50-’60 del ‘900 quando il piano Tian costituiva ormai un lontano ricordo con i suoi villini a due piani, il viale lungo le Mura e i giardini, in un’area caratterizzata da terreni scoscesi e cavità sotterranee come evidenziato dai recenti studi di microzonazione.
Un’attenzione maggiore agli interessi collettivi rispetto ai poteri finanziari avrebbe forse consentito di salvare più vite oltre che di godere di un lembo di città con un’alta qualità ambientale.
Maria Rita Acone
Presidente Archeoclub L’Aquila