L’AQUILA – Ancora scatti, ancora storie, ancora ricordi e racconti. Il giorno della memoria, a 5 anni dal tragico evento che ha distrutto la città dell’Aquila e ferito 56 comuni del cosiddetto cratere sismico, riapre ferite ancora vive.Per chiunque abbia vissuto quella notte questa giornata è particolare. Hai davanti agli occhi ogni attimo. Il boato, le voci, le sirene e la polvere.
Si, la polvere. Quella che alle 3,32 ha dato la sensazione che fosse giorno. Quella che ha coperto volti e case. Quella che ancora ci accompagna nel centro storico. E ancora ricordi: i telefonini che non prendevano, le grida di paura e le lacrime di speranza. E una solidarietà unica sparita troppo presto. Una vicinanza difficile da raccontare che per un po’ ci ha resi un corpo e un’anima.
Invincibili agli occhi dell’Italia intera. Aquilani “forti e gentili” ci dicevano. E il giornalista Primo Levi aveva coniato un’espressione giusta. Ma il nostro carattere è mutato troppo presto. I personalismi, gli egoismi, l’interesse di pochi rispetto al bene comune ha prevalso e paralizzando tutto. Gli aquilani sono diventati egoisti, lamentosi, antipatici a tutti. E ora dobbiamo gridare per farci sentire.
E il grido è sempre lo stesso: “Abbiamo bisogno ancora di aiuto”
Cristina Di Stefano