L’AQUILA – In questi giorni nel territorio racchiuso tra Tempera, Paganica, Bazzano, Onna e San Gregorio, là dove i terreni sono bagnati dalle acque del fiume Vera, si sta ultimando la raccolta dei fagioli. Diverse sono le varietà che vi si coltivano, ma per lo più sono presenti i cosiddetti fagioli ad “olio”, e quelli bianchi detti a “pane”, così come sono registrati all’Atlante dei Prodotti Tradizionali d’Abruzzo con il D.L. 173/98 e D.M. 350/99, grazie alle loro caratteristiche organolettiche, più conosciuti, come “fagioli di Paganica”.
Per quanto riguarda i fagioli bianchi in oggetto, troviamo un riferimento sulla coltivazione di questo legume sul libro di Teodoro Bonanni “Le antiche industrie della provincia dell’ Aquila” scritto nel 1888 : …. di più specie sono i faggioli: ne ànno vanto i bianchi, la sementa dei quali pervenuta da Marsiglia in Paganica per cura del Marchese Giovan Battista Dragonetti nel principio del secolo che volge, si è a poco a poco diffusa par ogni dove, la loro quantità produttiva è in ogni anno di circa 30 mila tomoli. “Talora i cattivi influssi delle meteore rendono su i loro ricolti”.
Per i fagioli “a olio” invece, la coltivazione sul nostro territorio è documentabile da persone anziane, da almeno l’inizio del secolo scorso. Per lungo tempo, fino agli anni sessanta, i fagioli erano ritenuti “la carne dei poveri” e per la buona disponibilità della mano d’opera, se ne producevano ingenti quantitativi, che oltre a soddisfare il mercato locale trovavano sbocchi commerciali anche fuori regione. Questi due tipi di fagioli, però, hanno avuto da sempre un buon mercato e la loro vendita, era un po’ come una “tredicesima anticipata” per i contadini in quanto consentiva alla quasi totalità delle famiglie, per l’avvicinarsi dell’inverno, poter comprare le scarpe ai figli in occasione della Fiera di Ognissanti!
I cittadini aquilani, fino al 6 aprile 2009, conoscevano bene questi prelibati legumi, poiché diversi contadini paganichesi li commerciavano negli spazi a loro riservati nel mercato di Piazza Duomo.
Bene fanno i Comuni e le Pro Loco del comprensorio che si prodigano a sostenere e promuovere iniziative per quei prodotti tipici di nicchia come zafferano, lenticchie ed altro, affinché i giovani di questo territorio già carente di lavoro prima del sisma, possano rimanere e vivere dignitosamente nella propria terra, difendere il nostro passato, sostenere le tradizioni e dare a tutti il piacere di degustare i prodotti della nostra terra.
Anche tra i coltivatori del nostro comprensorio, qualcosa si sta muovendo per i fagioli divenuti ormai un prodotto di nicchia, ma ritengo che le istituzioni preposte al riconoscimento dei marchi di qualità, DOP, IGP, BIO quale esso sia, facciano poco per aiutarli sia nelle procedure da adottare che nel sostegno delle spese.
A causa del terremoto del 6 aprile, circa 30 ettari di terreni irrigui sono stati espropriati, per l’insediamento del Progetto Case, quasi completamente dedicati alla coltura dei cosiddetti “orti” e quindi anche dei fagioli, tutti noi ricordiamo in quei giorni le ruspe sui campi di zafferano in fiore!
Quella di quest’anno è stata una stagione particolarmente proficua per i fagioli, sia in quantità che in qualità, non accadeva da diversi anni. Certamente non per merito di noi uomini ma, per il buon Dio, che nel periodo in cui l’ordinanza del Sindaco dell’Aquila, a causa di un’epidemia di salmonellosi vietava la captazione dell’acqua per qualsiasi uso in tutti i corsi d’acqua del territorio, è piovuto abbondantemente e queste delicate colture, che hanno bisogno di essere irrigate almeno ogni sette giorni, hanno superato quel periodo critico e perlomeno nell’agro di Paganica la stagione agricola si è salvata, purtroppo non è stato così per tutti coloro che attingevano le acque dal fiume Aterno.
Non essendo la prima volta che in piena stagione riemergono queste problematiche, che pongono il Sindaco ad emettere ordinanze del genere, ci auguriamo che le Istituzioni preposte al controllo, o a chi spetta intervenire per evitare l’inquinamento delle acque, (Guardia Forestale, Asl, Gran Sasso Acqua Spa, o l’Amministrazione Comunale) non se ne ricordino nel mese di giugno prossimo, ma che agiscano subito, visto che da più di un mese, le acque dei nostri fiumi se ne vanno “lisce lisce” verso il mare.
Qualora non si riuscissero ad eliminare le cause d’inquinamento, che di certo non emergono nel mese di giugno, ma sono già note oggi, sarebbe opportuno che l’ordinanza venisse comunicata ai cittadini in primavera, prima della semina dei terreni, in quanto i costi di aratura, concimazione, fresatura, semina e acquisto delle piantine di ortaggi, senza contare la manodopera, sono importanti e in un momento di crisi economica, di cui non se ne vede la fine, nessuno si può permettere di “giocarci sopra”; anche perché i prodotti che si ricavano dalla coltivazione di questi terreni, risultano in molti casi essere determinanti a condurre una vita dignitosa, per tutte quelle persone disoccupate o per le famiglie che hanno un basso reddito, poi ci sono diversi giovani che, per fortuna dell’agricoltura, come tanti nel Paese, ne hanno fatto una scelta di vita, coinvolgendo anche i genitori ad investire i propri risparmi di una vita fatti con enormi sacrifici.
Raffaele Alloggia

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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