Più volte abbiamo criticato il metodo “aquilano” di cambiare le regole in corso d’opera e l’ennesima dimostrazione di questa “debolezza politica” è una legge per la ricostruzione che prenderà la luce a 6 anni dal sisma.
Sarebbe anche la benvenuta se andasse ad inserirsi nel contesto normativo e di prassi consolidata che, finora, ha fatto sì che si procedesse a ritmi tutto sommato accettabili, almeno per la periferia cittadina, il problema è che, al contrario, questa legge provocherà solo danni e ritardi abissali che, forse, non dispiacciono troppo a qualcuno.
A nostro avviso la legge non sarà affatto una iniziativa “per” la ricostruzione ma “contro” ed i motivi li abbiamo ampiamente sviscerati sia pubblicamente in tempi insospettabili che privatamente a tutti i politici interessati in ogni occasione possibile.
In primo luogo saranno rimessi in discussione tutti i contratti ed i precontratti sottoscritti con le imprese generando infiniti ricorsi legali, sarà poi attribuita una responsabilità enorme sui presidenti dei consorzi e gli amministratori per la scelta finale dell’impresa secondo parametri che, oggi, nemmeno le più efficienti amministrazioni pubbliche sono in grado di valutare.
Anche lì, a seguito dell’aggiudicazione del bando, come accade sempre, si darà la stura a ricorsi che porteranno, alla meglio a ritardi di mesi, senza contare l’eventuale rivalsa del primo aggiudicatario.
Ovviamente la procedura ipotizzata, tranne in alcuni casi evidenti, terrà al di fuori del processo la maggior parte delle imprese locali che, solitamente, non sono abbastanza “scaltre” da proporre ribassi fino al 40/45% per poi usare le riserve e le clausole vessatorie fino a tornare poi a livelli ben più onerosi una volta aggiudicato l’appalto.
A queste storture bisogna aggiungere il tempo che occorrerà per stilare un “bando tipo”, dare l’evidenza di legge ed attendere i tempi di valutazione ed aggiudicazione.
Secondo un nostro approfondito calcolo i ritardi accumulati possono tranquillamente ipotizzarsi tra l’anno e mezzo ed i due anni, calcolando le invernate poco miti della nostra zona.
Oltretutto la legge, come capita spesso, non è mai stata realmente prospettata agli attori del territorio, associazioni di categoria e sindacati, ma si è preferito affidarne il testo a burocrati che la ricostruzione l’hanno seguita su google ed agli umori dell’opinione pubblica a seguito di fatti non proprio legati agli interventi di ripristino degli immobili.
Ciononostante sono diversi i politici che stanno costruendo la propria comunicazione politica su questa iniziativa di carattere normativo tanto da far sospettare che l’inattivismo degli ultimi tempi circa le pratiche giacenti all’USRA non sia affatto legato a motivi tecnici.
Siamo certi che queste affermazioni, così come accade da anni, troveranno la ferma opposizione dei “soliti noti” ma siamo altrettanto sicuri di rappresentare lo sdegno e la disapprovazione sia delle nostre 148 imprese edili associate (oltre 1.700 dipendenti in provincia) sia quello della maggior parte delle aziende locali.
*Segretario Generale Apindustria