“Occorrono politiche attive e mirate perché quelle di corto respiro…senza alcuna configurazione di profili e di prospettive diventano devastanti, improduttive, inefficaci e lasciano dietro di sé solo la convinzione che nulla sia possibile fare.” (Vito Teti, la restanza)
La FLC CGIL della provincia dell’Aquila è fortemente preoccupata per le novità apportate dalla proposta di legge di bilancio 2023. Se, in generale, riteniamo che, nell’impianto globale, la legge di stabilità sia deludente, che non investa sui settori della conoscenza, ma piuttosto confermi l’orientamento al disinvestimento in linea con i governi degli ultimi vent’anni, in particolare siamo preoccupati dall’art 99 della proposta che introduce una pesante novità in tema di dimensionamento. L’articolo 99 stabilisce infatti, che l’organico dei dirigenti e dei DSGA, vale a dire delle figure apicali dell’autonomia scolastica, sarà definito da un decreto concertato tra Ministero dell’Istruzione e MeF che stabilirà anche i parametri che le Regioni applicheranno per definire la rete del sistema scolastico; tali parametri dovranno situarsi in un range tra i 900 e 1000 alunni/e, necessari alle scuole per mantenere l’autonomia. Tutto al fine di razionalizzare la rete scolastica senza nessun riguardo alle particolarità territoriali.
Riteniamo che la revisione dei parametri sarà deleteria per la nostra provincia dove la maggior parte delle istituzioni scolastiche fatica a rispettare gli attuali parametri che sono molto inferiori ai 900 iscritti/e, ma anche alla media regionale di 850. Secondo le norme attuali, infatti, il numero di iscritti/e per ogni autonomia scolastica è di 600 unità che si abbassa a 400 nei comuni di montagna. Se finora ci siamo battuti per chiedere che tali parametri fossero rivisti a favore delle scuole delle aree più marginali della nostra provincia, ora si corre il rischio che la maggior parte delle nostre scuole perda l’autonomia e che, quindi, si proceda ad accorpamenti che daranno vita a poli scolastici con plessi distanti e difficilmente raggiungibili, vista la connotazione geo morfologica della nostra provincia e dei molti comuni di montagna che la costituiscono. Ma ripetiamo, ora, se non vi saranno deroghe alla Legge di Stabilità 2023, il problema investirà non soltanto le scuole delle aree più marginali e a salvarsi saranno soltanto le scuole più grandi situate nei comuni dell’Aquila, Avezzano e Sulmona. E neanche tutte.
Da un calcolo approssimativo, se si dovesse applicare una media regionale di 950 alunni/e, almeno 10 scuole della nostra provincia perderebbero l’autonomia.
Attualmente 29 istituti scolastici su 47 non raggiungono neanche lontanamente i 900 alunni e molti altri sopravvivono perché sono situati in comuni di montagna e, quindi, dimensionano a 400 e non a 600 alunni/e. Abbiamo poi, scuole con numeri molto inferiori anche a 400 che sono in deroga proprio per la posizione geografica, la difficile viabilità e la mancanza di servizi diffusi che contraddistingue il territorio in cui sono situate. Tra queste è emblematico l’Istituto Comprensivo di Pescasseroli che è già frutto di un accorpamento, avvenuto anni fa, con quello di Barrea. Per l’inesorabile declino delle nostre aree di montagna, l’IC Croce di Pescasseroli è destinato a scomparire, smembrato e riaccorpato a Castel di Sangro o a Gioia dei Marsi, comunque distanti e difficilmente raggiungibili. Ricordiamo a chi non vi fosse mai stato che Pescasseroli, insieme ai comuni circostanti, è un gioiello paesaggistico ed ospita la sede del PNALM. Ma perderà la scuola e con essa altri/e abitanti che scenderanno a valle dove i figli e le figlie potranno avere lo steso diritto allo studio di tutti e tutte.
E’ chiaro che la nostra provincia sarà fortemente danneggiata dalle misure previste dall’art. 99 e temiamo che questo produrrà un accelerazione all’inesorabile fenomeno dello spopolamento che interessa la maggior parte del nostro territorio.
Del resto le misure previste dalla Legge di Stabilita 2023 sembrano essere dettate anche dal forte calo demografico che investe il nostro Paese. Il governo cosa fa? Taglia sulla scuola che, soprattutto nelle zone più fortemente impattate dalla combinazione tra spopolamento e calo demografico, è forse l’unica ragione per restare e l’unico presidio di cultura e socialità. Invece di investire su una politica di reinsediamento e di pensare a nuove modalità e nuove formule di sviluppo condanna la nostra provincia (e non solo) ad un’inesorabile desertificazione. Invece di creare le condizioni perché la popolazione resti, crea quelle perché se ne vada.
Rileviamo che ancora una volta sulla scuola si fa cassa: si prevede che, a livello nazionale, nel giro di dieci anni, da tali misure si recupereranno 470 milioni di euro. Ancora una volta sulla scuola non si investe, ma si taglia. Ancora una volta non si assume l’importanza di un sistema scolastico che riconosca a tutti e tutte gli stessi diritti e la stessa dignità. Ancora una volta il profitto prevale sulla possibilità di investire, in prospettiva, su un futuro migliore di questo Paese attraverso la formazione di pari dignità e stesse possibilità per tutti e tutte i cittadini e le cittadine.
Non staremo a guardare. Speriamo che la politica territoriale sappia e voglia fare altrettanto che è invitata ad agire per arginare attraverso deroghe alla legge di stabilità questo ulteriore terremoto.