L’AQUILA – “La ‘Banca degli occhi’ dell’Aquila rappresenta un’eccellenza e un nodo fondamentale della rete nazionale, per la modalità organizzativa nel fare i trapianti, per la qualità chirurgica espressa dal suo team di specialisti, per il suo essere stata sempre al passo con le innovazioni tecnologiche e tutto ciò ha consentito di realizzare svariate centinaia di trapianti di cornea in venti anni di attività”. Nelle parole del presidente nazionale della società Banca degli occhi Diego Ponzin, a capo di una rete che effettua duemila interventi chirurgici all’anno e circa diecimila prestazioni, la riconoscenza e l’attestato di stima nei confronti della Banca degli occhi di L’Aquila, centro di riferimento regionale per Abruzzo e Molise, diretta da Germano Genitti, primario del reparto di Oculistica dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, che ha oggi celebrato i 20 anni di attività, con un convegno di portata nazionale nella sala conferenze della ‘Dimora del Baco’, all’Aquila.
L’occasione per fare il punto, grazie alle relazioni dei massimi esperti in materia, sulle nuove tecnologie del trapianto della cornea, sulla patologia dell’occhio secco, dell’irregolarità della cornea, sull’utilizzo della membrana amniotica, e sulla necessità di incrementare le donazioni di cornee e tessuti; per fare il punto sulla ripresa delle attività diagnostiche e chirurgiche rispetto al drammatico blocco durante l’emergenza covid-19. Oltre a Ponzin, a sottolineare l’importanza dell’evento, sono intervenuti anche il direttore del Centro nazionale trapianti Massimo Cardillo e il professor Emilio Balestrazzi, che è il fondatore della banca degli occhi dell’Aquila e per molti anni direttore della clinica oculistica.
A portare i saluti istituzionali, il vice presidente della Regione Emanuele Imprudente, il direttore della Asl Avezzano – Sulmona – L’Aquila Ferdinando Romano, il rettore dell’Università dell’Aquila Edoardo Alesse, il preside della facoltà di Medicina Guido Macchiarelli.
Genitti ha ripercorso i 20 anni di impegno e passione della ‘Banca degli occhi’ dell’Aquila: “Ricordo come fosse ieri che appena iniziata l’attività, nel 2003, noi specializzandi venivamo mandati in autoambulanza dal professor Balestrazzi a sdoganare a Roma le cornee che arrivavano da Baltimora negli Stati Uniti. Non avevamo del resto disponibilità di numeri sufficienti di cornee da donatori italiani – ha raccontato Genitti -. Poi, anno dopo anno, ci siamo strutturati e organizzati, registrando subito numeri molto importanti di trapianti, centinaia e centinaia in venti anni, e più di tremila tessuti trattati. Non ci siamo fermati nemmeno con il terremoto del 2009 e durante l’emergenza covid, né davanti alle limitazioni e insufficienti risposte da parte del sistema sanitario nazionale, che poco ha investito per questo nostro ambito di attività. Abbiamo speso tante energie per favorire l’incremento delle donazioni, che sono la premessa di tutto. Prossima iniziativa, in tal senso coinvolgerà l’hospice dell’Aquila, in collaborazione con il professor Franco Marinangeli”.
Cardillo ha preso di petto il problema dell’insufficiente numero di donazioni rispetto al fabbisogno e la potenzialità di trapianti che possono essere effettuati.
“Il nostro Paese ha un sistema delle donazioni e trapianti solido e una rete che cresce, al netto della flessione della pandemia che ora stiamo recuperando – ha sottolineato Cardillo -, ma resta come prima irrisolto il problema delle donazioni, non sufficienti, anche per le cornee, e il tema non è il consenso dei cittadini. Anzi, risulta che il 70% è disponibile a donare organi, ma poi solo in parte dà seguito a questa disponibilità. Il problema non è culturale, che anzi può diventare un alibi, ma risiede in primis nell’organizzazione dei servizi sanitari che presiedono alle donazioni. In molti casi non siamo capaci di creare percorsi efficienti, con figure dedicate e adeguatamente formate. Dove ciò è stato fatto, i risultati si sono visti, e lo conferma il divario sussistente tra una regione e l’altra, tra il Nord e il sud del Paese”.
A entrare nel merito delle tecnologie di trapianto, e a ripercorrere la sua esperienza da fondatore della Banca degli occhi dell’Aquila è stato il professor Balestrazzi: “Decisivo fu il finanziamento ottenuto nel 1999 grazie alla sensibilità del presidente della Regione Vincenzo Del Colle, medico di professione. Sono ancora oggi molto orgoglioso di aver contribuito a farne buon uso, arrivando a stretto giro a circa 150 trapianti l’anno, per l’epoca un risultato davvero notevole e all’avanguardia. Prioritaria fu ovviamente anche l’azione volta a favorire le donazioni. Riempimmo la città di manifesti, con l’aiuto dell’azienda sanitaria, misi a disposizione anche il mio pulmino, in comodato d’uso gratuito – ha detto Balestrazzi -. In questi anni poi le tecniche di trapianto hanno fatto passi da gigante. Quando avviammo l’attività si utilizzava la chirurgia perforante ‘a tutto spessore’, ovvero dovevamo sostituire 8 millimetri circa di cornea, dalla parte superiore fino alla parte inferiore e questo implicava una maggiore difficoltà chirurgica, la durata non era assicurata per tutta la vita, e maggiori erano i rischi di rigetto. Poi si è affermata la tecnica chirurgica ‘lamellare’, con cui interveniamo in modo più mirato e circoscritto, solo nella parte anteriore o posteriore della cornea, con risultati di gran lunga migliori, in termini di sicurezza, riuscita dell’intervento e durata”.
“La ‘Banca degli occhi’ dell’Aquila l’ho vista nascere, nel 2003 ero qui con un assegno di ricerca da oculista. E poi l’ho vista crescere, con un grande lavoro di squadra”, ha aggiunto Romina Fasciani, oggi dirigente medico all’ospedale Gemelli di Roma, che ha tenuto una relazione sulla membrana amniotica, “un tessuto che definirei ‘magico’, che abbiamo a disposizione proprio grazie alle nostre Banche degli occhi, e che aiuta l’oculista in moltissimi casi, di infiammazione, di fibrosi, di difficoltà di riepitelizzazione della superficie corneale”.
Il dottor Luigi Marino, oculista nella casa di cura ‘La Madonnina’ di Milano, referente dell’ Associazione italiana medici oculisti per la regione Lombardia, ha relazionato su un tema di cui è considerato tra i massimi esperti a livello nazionale: quello dell’occhio secco, “la mamma di tutte le patologie oculari – ha spiegato -, e che con la pandemia del covid è diventato ancora più diffuso, a causa del lockdown, dello smart working e della dad che hanno accresciuto di molto l’esposizione allo schermo, sia esso quello della televisione, che quello del pc o del telefono cellulare. Davanti ad uno schermo, infatti, i nostri occhi restano spalancati in misura maggiore a ammicchiamo meno, ovvero si riduce l’azione di lubrificazione lacrimale. Oggi il fenomeno riguarda un italiano adulto su due, cresce anche tra i bambini, e determina micro abrasioni, astigmatismi corneali ed altre complicazioni”.
Miguel Rechici, dottore del Centro polispecialistico Mediterraneo di Catanzaro, ha affrontato il tema della chirurgia combinata nella gestione della cornea irregolare: “Un campo in piena evoluzione, dove si concentra il massimo della tecnologia disponibile, per cercare di curare cornee disastrate da precedenti interventi o trapianti. Sempre più si dimostra efficace l’utilizzo di diverse tipologie di laser, con un aumento della qualità della vita dei nostri pazienti”.
Negli interventi istituzionali, Imprudente ha sottolineato che “una città come L’Aquila è resiliente, e deve guardare al futuro con basi molto solide. La Banca degli occhi è una di queste solide basi”.
Il rettore Alesse ha detto che “la Banca degli occhi dà lustro alla nostra sanità di eccellenza e ricerca. Venti anni è una data importante, un professore ordinario, voglio a questo proposito ricordare, diventa emerito, attraversato questo arco temporale”. Ha aggiunto il professor Macchiarelli: “Il livello e il prestigio dei relatori di questo convegno, non fa che confermare quanto sia avanzata da un punto di vista scientifico la Banca degli occhi di L’Aquila, e la sua naturale predisposizione all’innovazione, un patrimonio anche per la nostra facoltà”.
Infine il dirigente Romano ha sottolineato che “L’Aquila non è periferia, ma centro, grazie anche a questo fiore all’occhiello. Ci sono problemi per il numero inadeguato delle donazioni, che va affrontato e si può essere legittimamente insoddisfatti del funzionamento del sistema sanitario pubblico italiano, ma quello che senz’altro funziona è il rapporto con l’università. Il punto di partenza di una Asl che ospita e integra una accademia, è quello della formazione e della specializzazione, il presupposto da cui partire per organizzare l’intero sistema”.