Le sorelle del ciclista di 32 anni investito tre anni fa durante un allenamento: “Facciamo appello al responsabile a restituire la divisa. Un gesto vile che offende la memoria di Mauro”. La famiglia pronta a presentare una denuncia

L’AQUILA – Quando Mauro Mannuci tre anni fa è stato ucciso investito da un automobilista che ha tagliato la traiettoria della sua bici da corsa quasi al termine di un allenamento, a ridosso del bivio del Cermone, dove da poco più di un anno sorge una rotatoria sempre addobbata con un mazzo di fiori, aveva 32 anni ed era pronto a sposarsi. In suo sorriso si è spento in una giornata normale, sotto un sole normale, con i suoi pensieri normali di giovane promesso sposo. Con lui si è spento il sorriso anche dei suoi famigliari e di tantissimi amici e compagni di ciclismo, con cui animava e gestiva l’asd Bike 99. Un sorriso offeso ancora una volta con un gesto immondo e del tutto condannabile compiuto probabilmente nottetempo nella piccola cappella di famiglia, all’interno del cimitero dell’Aquila, dalla quale è stata portata via la sua divisa, l’ultima della squadra, che ogni anno, da quando è scomparso, gli viene donata come segno di riconoscenza e di coinvolgimento. Sopra alla maglia, all’altezza del cuore, c’è la scritta: “Ciao Mauro”.

A segnalare il furto sono le sorelle di Mauro, Stefania e Michela Mannucci, che anche questa mattina, come tutte le altre “da 1.075 giorni”, scrivono sui loro profili Facebook, sono andate a salutarlo: “Sono 1.075 terribili giorni che passiamo al cimitero mattina e sera. La nuova divisa della Bike 99 presa ugualmente come se dovesse indossarla, rigorosamente taglia M. Ecco – scrivono le sorelle di Mauro – adesso ci rivolgiamo a te, vigliacco, che l’hai rubata. Sulla divisa c’è scritto il nome di nostro fratello. Ti consigliamo di non usarla e di rimetterla al suo posto. Potresti vedertela strappare di dosso insieme alla pelle”. Queste le dure e accorate parole affidate ai social dalle sorelle di Mauro, che già rimbalzano da persona a persona, da testata a testata per la brutalità del gesto. “Abbiamo lasciato aperta la cappella di famiglia per permettere a chiunque volesse di entrare e salutare Mauro in questi giorni di festa. Tu – scrive Stefania – non sei degno di varcare il cancello di un posto così intimo. Noi la divisa possiamo ricomprarla, tu, invece, rimani e rimarrai un verme. Purtroppo ora siamo costretti a chiudere la porta a chiave”.

La famiglia si riserva di valutare se presentare, nelle prossime ore, una denuncia contro ignoti, in quanto saccheggiare una tomba o una cappella o offendere la memoria di una persona scomparsa, oppure oltraggiare un sentimento verso i defunti per la Corte di Cassazione è reato di vilipendio, punito con la reclusione fino a tre anni.

Intanto si avvicina la data della manifestazione sportiva nel tempo diventata un memorial per Mauro, la “Gran Sasso Bike day”, domenica 1 settembre, con partenza da Fonte Cerreto e arrivo a Campo Imperatore, manifestazione non agonistica di 110 chilometri e 2.200 metri di dislivello a cui si potrà partecipare con qualsiasi mezzo a pedali comprese e-bike.

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