L’AQUILA- L’Europa a 27 per l’Abruzzo, e per L’ Aquila in particolare, non è stato certo un affare. L’arrivo di altri Paesi, i Paesi dell’Est, quelli per capirci non di civiltà occidentale e reduci da un’esperienza politica ed economica totalitaria, ha portato obiettive difficoltà per l’Abruzzo. L’Europa, infatti, ha stabilito che la nostra regione poteva camminare con le proprie gambe e l’ha esclusa dalle provvidenze previste dal cosiddetto Obiettivo Uno. C’erano altre regioni europee, in particolare quelle ricadenti nell’orbita tedesca, che bisognava far crescere.
E così gli aiuti che avevano contribuito al decollo della nostra regione negli anni del suo crescente sviluppo, sono venuti meno. Ciò ha voluto dire, tra l’altro, niente più agevolazioni per le imprese che hanno scelto altre regioni europee per stabilirvi i loro stabilimenti. Minori investimenti hanno significato per noi minore occupazione e crisi di numerosi poli tecnologici.
L’Abruzzo ha provato a camminare con le proprie gambe. In parte c’è riuscito, in parte no. La crisi che sta imperversando sull’Europa e fuori, ha fatto il resto. Le zone meno industrializzate, come appunto l’Aquilano, ne hanno risentito in misura maggiore. L’arrivo di altri paesi con cui dividere gli aiuti residui ha complicato le cose. Ora L’Aquila rischia di perdere la cosiddetta Zona franca con le agevolazioni previste per le imprese obiettivamente in crisi, perché c’è una corrente di pensiero a Bruxelles che ritiene che, malgrado il terremoto, il capoluogo non abbia, in fondo, un’economia così disastrata e possa farcela a riprendersi da solo. Vi sarebbero, secondo costoro, regioni di altri paesi, ad avere maggiormente bisogno degli aiuti europei.
E’ una tesi non condivisibile, certo, perché il terremoto ha acuito la crisi del sistema imprenditoriale e produttivo aquilano.
La verità è un’altra e alla fine verrà fuori. Per le conseguenze del terremoto, sostengono a Bruxelles, L’Aquila ha già avuto un aiuto cospicuo di quasi 500 milioni di euro. Sono quelli serviti, in parte, per far fronte all’emergenza, in particolare alla costruzione dei villaggi del progetto Case. Ebbene, l’Abruzzo e L’Aquila non sarebbero nelle condizioni di chiedere altri aiuti e tanto meno sollecitare l’istituzione della Zona franca per il capoluogo. E’ questa corrente di pensiero che bisogna battere. A Bruxelles ci sono certo persone amiche dell’Abruzzo e dell’Aquila.
E’ da queste persone che Chiodi ha avuto rassicurazioni. La Zona franca si farà, nonostante le difficoltà che sono emerse. Ma il Commissario straordinario per la Ricostruzione, deve continuare a fare pressioni, a chiedere con insistenza quel che per L’Aquila è un diritto. Del resto non è solo in questa battaglia. Il vice presidente del Consiglio regionale Giorgio De Matteis ne ha fatto, e giustamente, una questione di principio ed è disposto ad andare fino fondo mettendo in gioco la propria credibilità.
L’Aquila ha diritto alla Zona franca, l’Europa non può tradire L’Aquila e l’Abruzzo, sostiene De Matteis. Anche dall’opposizione arrivano segnali. L’augurio è che non cavalchi la tigre del tanto peggio tanto meglio come qualcuno sarebbe tentato di fare. La rinascita dell’Aquila è problema che coinvolge tutto l’Abruzzo.