L’AQUILA – Era troppo bello per essere vero. Gli ingegneri che riempiono i questionari del censimento sulle Case “E”, gli ingegneri (e gli architetti e i geometri, ovviamente) che fanno sapere quanti incarichi hanno avuto dagli aquilani che vogliono rifare la propria casa, gli ingegneri (e gli architetti e i geometri) che rivelano quanti sono i progetti a cui stanno lavorando e quando li consegneranno a Fintecna e alle sue “sorelle” Reluis e Cineas per l’istruttoria e l’approvazione. E’ bastata una settimana per rendersi conto che è tutto finito nel limbo delle buone intenzioni. E questo perché i questionari compilati sono pochissimi e non molti professionisti pare abbiano intenzione di stare ai patti. E’ come pensavamo. Nel momento in cui Gianni Chiodi, commissario alla ricostruzione, mette i paletti, ha inizio il boicottaggio. Il questionario pattuito in un recente incontro tra lo stesso Chiodi e gli ordini professionali doveva servire, tra l’altro, a stabilire finalmente quante sono le case “E”, e quanti i progetti che i tecnici stanno elaborando. E ciò in vista della prossima proroga, l’ultima, che dovrebbe convincere Chiodi, la Struttura tecnica di Missione e quant’altro ad allungare i tempi fino a una data oltre la quale non sarà possibile andare.
Ma i questionari, a quanto pare, stanno arrivando col contagocce. Sembra che ci sia poca voglia di stare ai patti, forse per timore, da parte di alcuni, di essere “scoperti”, perché l’equazione “troppi progetti-troppi ritardi” non ce la siamo inventata noi, ma è nella realtà. E allora? I paletti di Chiodi, se resteranno questi, serviranno a poco malgrado le buone intenzioni del presidente. Perché ciascuno bada a farsi gli affari propri e a non pensare agli altri. E’ una vecchia abitudine che ha preso maggiore consistenza con i progetti del terremoto. Ci sono professionisti, è inutile nasconderlo, che con la ricostruzione stanno diventando ricchi. Non ci sarebbe nulla da ridire se i tempi di consegna venissero rispettati, se i progettisti lavorassero anche la notte e se di giorno saltassero i pasti insieme alle domeniche e alle altre feste comandate. Il fatto è che si va avanti col solito passo, come se il terremoto non fosse mai avvenuto. Fare soldi perché professionalmente validi è un discorso, farli sulla pelle degli aquilani terremotati è un altro.