L’AQUILA – “Grazie neve”. Comincia così la lunga nota che l’ex Capo della Protezione Civile ha affidato al suo blog, una lunga lettera con cui l’uomo ringrazia l’ultima emergenza, pechè dice: “Grazie neve, per averci aiutato a capire che la Protezione Civile ci serve”.
“Sono stato tirato in ballo più volte – prosegue – nei giorni scorsi, nel corso delle varie polemiche che hanno accompagnato l’ondata di freddo e la nevicata eccezionale che ha colpito l’Italia ed anche la sua capitale, creando disagi e facendo vittime in diverse località.
Non ho volutamente detto nulla, nei giorni scorsi, e preferisco fare alcuni commenti, che magari in pochi leggeranno, in attesa della prossima ondata di maltempo che in molti temono peggiore di quella appena terminata la cui gravità e imponenza è stata offuscata dalle diatribe puerili di chi cerca scuse per giustificare le proprie leggerezze, mentre la gente muore assiderata per le strade perché nessuno è andato a soccorrerla, un po’ come per la Concordia.
Dico subito,e vediamo se sarò smentito, che le nevicate in arrivo saranno poca cosa rispetto a quello appena vissuto da milioni di italiani perché dopo aver preso sottogamba il momento davvero critico ora sono tutti mobilitati con le catene, i motori accesi, le vanghe in mano e il thè caldo da distribuire.
Le polemiche dei giorni scorsi mi portano adesso a fare alcune considerazioni, con la speranza che possano essere utili a facilitare almeno il passo indispensabile che occorre per ripristinare una buona funzionalità in materia di Protezione Civile, facendolo però nella direzione giusta.
Tocco solo quattro punti ma aggiungo subito che ancora una volta gli sciacalli della penna e degli obiettivi si sono subito affrettati, per giustificare il casino non solo di questi giorni ma anche della Costa e delle alluvioni in Liguria, ad incolpare la dissipata gestione di Bertolaso, che con i massaggi, la cricca e i grandi eventi aveva gestito soldi e potere a suo uso e consumo.
Mica potevano lasciarmi in pace e cercare di capire le vere ragioni di tale sfacelo tormentati dall’incubo che qualche italiano facesse il paragone fra ieri e oggi. E quindi giù tonnellate di merda condite dalle solite bugie, calunnie piene di malafede e gigantesche inesattezze, mentendo sapendo di mentire pur di evitare il rischio che qualcuno cominciasse davvero a dire come stanno le cose e a chiedere conto di abbandoni, danni, vittime!
Il primo punto riguarda il mio personale ringraziamento a chi ha fornito a Franco Gabrielli l’assist per chiarire che è una legge dello Stato, approvata dal Parlamento sotto il precedente Governo, la ormai nota a tutti legge 10 del febbraio 2011, a rendere impossibile al Dipartimento la stessa velocità di reazione alle situazioni di emergenza che io potevo esprimere, senza i vincoli posti dalla attuale normativa.
Ho avuto modo di scrivere e dire più volte come vedete da questo sito, nei mesi scorsi, che il commissariare l’unica struttura capace di coordinare e gestire situazioni di emergenza, sottoponendo ogni decisione al parere preventivo sia del Ministero dell’Economia che della Corte dei Conti, avrebbe avuto come unico risultato quello di sprecare il tempo scarso dell’emergenza al suo inizio e di provocare i guasti – e le vittime in più – che è normale aspettarsi se si tarda ad entrare in azione.
La soluzione al problema dell’efficienza e dell’efficacia della Protezione Civile consiste sopratutto in questa operazione: riconoscere che “ci siamo sbagliati” commissariando la struttura, alla quale va restituita la pienezza della sua responsabilità per poter agire immediatamente nei diversi scenari di emergenza che si presentano puntualmente.
Secondo punto. Chi sostiene che questa sorta di commissariamento era indifferibile e indispensabile per evitare sprechi, abusi e forme di possibile contagio della correttezza istituzionale “ordinaria”, deve ammettere che il “commissariamento” non è una cura possibile neppure per consumare “vendette” verso personaggi scomodi e troppo popolari e si dia dunque da fare per eliminare subito le misure che impediscono il funzionamento di una struttura vitale per l’Italia nella quale oggi viviamo.
Il ritorno all’ordinario sarebbe effettivamente una buona soluzione, se l’ordinario funzionasse. Siccome non è così, credo sia meglio smetterla con questo mantra che> assolve qualche coscienza ma non produce soluzioni.
La famigerata legislazione “ordinaria”, in materia di spesa pubblica, presenta aree di inefficienza e di possibile spreco formidabili, così come dà pessimi risultati in materia di correttezza degli appalti pubblici, di rispetto dei tempi e degli impegni, di semplice giustizia amministrativa, di contrasto alle infiltrazioni malavitose ed anche della corruzione pubblica, di garanzia di funzionamento delle reti e dei servizi dai quali dipende la qualità della vita dei cittadini italiani.
Ricordo solo che il famoso scandalo del G8 e la vicenda della cricca che mi viene sempre incollata addosso fino ad oggi ha fornito prove reali solo per l’appalto della caserma dei marescialli di Firenze che nulla aveva a che fare con la protezione civile ed era, appunto, un appalto “ordinario”!
Prima di celebrare come una vittoria il ritorno alla situazione “ordinaria”, non sarebbe male una verifica anche comparativa tra i supposti sprechi della Protezione Civile e i risultati delle stesse attività condotte con la legislazione ordinaria, senza fidarsi ciecamente di qualsiasi dato presentato da Amministrazioni che nessuno può considerare a priori impeccabili.
I dati diffusi dal Ministero dell’Economia sui costi della Protezione Civile sono aggregati e pertanto occorre leggerli con attenzione. Cosi come in un Paese serio ci sarebbe da chiedersi perché certe Authority, nonché la Corte dei Conti, si sveglino solo oggi per denunciare e criticare quello che ieri esaltavano.
Mi spiace che molti giornalisti stimabili continuino a cadere nella trappola dei dati presentati in modo così organico e puntuale da sembrare costruiti ad hoc per far arrivare chiunque alle conclusioni volute da chi li ha scritti in quel modo.
Qualcuno ha mai scritto che per nove anni almeno, dei dieci che ho passato a capo del Dipartimento, ho proposto che il bilancio del Dipartimento venisse liberato da oneri impropri e non funzionali all’attività del Dipartimento, come sono i costi di mutui che ancora si pagano per i terremoti dell’Irpinia e dell’Umbria, per il disastro di Sarno e tanti altri ancora.?Fanno quasi il 60% del bilancio del Dipartimento. Perché non li gestisce, questi si, il Ministero dell’Economia? Perché si vuole che gonfino il bilancio del Dipartimento? Perché non si scorporano le attività di chiusura contabile e amministrativa di passate emergenze, che in quanto passate non richiedono più il know how proprio della Protezione Civile e possono essere affidate a qualsiasi > burocrazia si voglia?
Qualcuno ha mai scritto che ho chiesto infinite volte che al Dipartimento venisse lasciata solo la gestione del Fondo nazionale per la protezione civile, in modo da disporre di una leva finanziaria per accompagnare con maggiore efficacia il compito di coordinamento ed indirizzo delle realtà regionali e locali stimolando iniziative utili a tutti per migliorare la protezione civile?
Pertanto ad oggi il Dipartimento svolge una marea di attività burocratico -amministrative sul passato, ma il Fondo nazionale è senza risorse dal 2004, con buona pace dei predicatori del decentramento, della buona preparazione e della prevenzione.
Terzo punto I Grandi Eventi.
Mi permetto di avvertire tutti coloro che saranno chiamati a discutere la soluzione al problema della attuale “ingessatura” del Dipartimento: non esiste una risposta giusta ad una domanda sbagliata.
Se qualcuno si illude che la soluzione consista nello spostare da qualche altra parte la gestione dei tanto discussi Grandi Eventi è fuori strada. Questo tema è diventato uno slogan, usato da molti ma verificato e approfondito da nessuno.
E’ in sostanza un falso problema. I Grandi Eventi non sono certo costitutivi della missione essenziale della protezione civile, ci vuol poco a fare questo sforzo intellettuale, modesto al punto che io stesso c’ero arrivato.
In un altro momento avrò modo di dire la mia su questo punto.
Qui mi preme solo ricordare che nessuno di quelli che ne hanno fatto una bandiera ha mai dimostrato che, per inseguire i grandi eventi, la Protezione Civile abbia mai trascurato una emergenza di protezione civile in senso stretto.
Nessuno fa una differenza, che pure sarebbe utile, per verificare quanti Grandi Eventi sono stati gestiti dalla struttura e quanti sono stati gestiti solo facendo ricorso alle normative di protezione civile perché le sole disponibili per sottrarsi non al rigore dei controlli, ma ai bizantinismi della legislazione ordinaria che impedisce a chiunque di fare un crono programma ed avere una qualche possibilità di rispettarlo.
L’uso delle norme di protezione civile per emergenze diverse da quelle dovute a catastrofi naturali è stato largamente bipartisan, come chiunque può verificare andando a cercare i dati sui “grandi Eventi” dichiarati ogni anno dal Governo Prodi e dal successivo Governo Berlusconi.
La prassi della richiesta del Grande Evento continua anche oggi, da ogni parte, compresi De Magistris che lo chiede per gestire la Coppa America e Pisapia che l’ha ottenuto per accogliere il Papa in visita a Milano.
Se si vuole discutere di Grandi Eventi in modo utile e non strumentale, bisogna ragionare non solo di chi li gestisce, ma del perché Governi, Governatori, Sindaci di tutta Italia e di ogni colore politico considerano necessario l’uso di procedure straordinarie in questi casi.
Il problema viene in gran parte dalla inadeguatezza della famosa legislazione ordinaria e semmai, mi permetto di suggerire, dalla struttura degli interessi, forti e meno forti, nobili e meno nobili, che dietro lo schermo dell’ordinarietà hanno trovato l’ombra e la disattenzione necessarie per perseguire i loro obiettivi.
Quarto ed ultimo punto. La Protezione Civile spende troppo?
Può essere vero, basta che la diagnosi sia frutto di una analisi documentata e non di umori politici o di preconcetti di questo o quel funzionario o dirigente dello Stato che adora le procedure ordinarie, quelle che permettono di non metterci mai la faccia, di spiegare ogni ritardo ed insufficienza con la complessità delle procedure, di declinare ogni responsabilità personale dietro la legittimità del procedimento amministrativo.
Si vuole un più stringente controllo sugli atti di spesa del Dipartimento, utili se decisi ed effettuati secondo le esigenze di ogni emergenza e non secondo i comodi e le convenienze di vari alti burocrati del Ministero dell’Economia? Il Dipartimento, per sua natura, è un organismo che funziona obbligando Amministrazioni ed Enti pubblici di ogni tipo a coordinarsi in tempi rapidi, collaborando ovviamente con tutti, senza mai escludere nessuno.
Anche per questo suscita rancori, insofferenza, desiderio di essere al di fuori di ogni coordinamento per seguire in santa pace i propri obiettivi senza confrontarsi con nessuno, cosa che accomuna tanti rappresentanti politici e tanti dirigenti dello Stato al centro e alla periferia.
Ho chiesto tante volte che rappresentanti del Ministero dell’Economia e della Corte dei Conti venissero a lavorare insieme al Dipartimento, per mettere la loro competenza ed esperienza a disposizione del lavoro comune che il Dipartimento fa, in emergenza, rappresentando l’intero Stato in ogni sua articolazione.
Mi è sempre stato risposto di no. Perché? Mi sono risposto che in tanti preferiscono criticare dopo piuttosto che assumere responsabilità insieme ad altri prima, tenersi le mani libere per esser pronti a schierarsi, dopo, con chi ha successo scaricando chi non ne ha più, rifiutare di esporsi con la propria faccia e le proprie decisioni per proteggersi da eventuali ricadute negative, o, per dirla in modo più dialettale, per pararsi e tutti hanno capito che cosa.
Ma anche questa può essere una strada da seguire, se si vuole davvero risolvere un grave problema di correttezza amministrativa, che peraltro almeno una volta vorrei documentato sulla base di studi comparativi tra situazioni analoghe e non solo seguendo la moda di alimentare facili reazioni emotive e diverse indignazioni gratuite con dati imprecisi, veri solo a metà, non verificati e non spiegati in modo corretto.
Sarà più facile, ragionando di fatti e non di suggestioni, capire che anche l’ operazione contro di me aveva da un lato una motivazione politica, quella di indebolire, colpendo me, il Governo per il quale ho lavorato, come ho sempre fatto in tutta la mia vita professionale, ma dall’altro aveva una motivazione anche più meschina, quella di fermare una macchina amministrativa in grado di dare risposte ai bisogni reali della popolazione lavorando duramente, anche in condizioni difficili, a contatto con chi aveva bisogno di sentirsi vicino lo Stato, usando al meglio tutte le risorse organizzative ed umane disponibili.
Se non si cambia la legge 10 del 2011, se non si dice chiaro e tondo che commissariare la protezione civile e impedirle di essere tempestiva nel muoversi produce vittime più che ipotetici risparmi, se non si torna ad un sistema che renda possibili decisioni immediate ed adeguate, il problema della protezione civile e del servizio che questa struttura rende al Paese e ai cittadini rimane irrisolto, anche se i grandi eventi saranno gestiti da altri.
Il nodo è rimettere i rischi non solo al centro di una revisione della legislazione sulla Protezione Civile, ma al centro della politica del Paese, sia dal lato delle priorità della spesa pubblica, sia da quello della politica economica.
E’ ora di smetterla con la tesi, stereotipata e preconcetta, che mettere in sicurezza l’Italia è un costo e non una occasione di crescita economica, che la politica economica sul territorio debba essere fatta solo dalle grandi opere a beneficio dei grandi interessi, che la scarsità delle risorse del bilancio pubblico impedisce di fare le cose che servono, mentre rende facile, necessario e urgente scatenare le risorse private nel costruire cose di cui nessuno avverte la improrogabile necessità.
Abbiamo uno Stato dove i Comuni sono rimasti da soli a fronteggiare senza risorse adeguate problemi spesso più grossi di loro ed ai quali si è sempre negata la deroga al patto di stabilità per gestire le emergenze, dove i Corpi dello Stato, dai Vigili del Fuoco alle Forze di Polizia vivono con stipendi da fame e non hanno risorse ordinarie sufficienti a far fronte alla semplice gestione quotidiana, anche solo a fare il pieno alle auto in servizio, dove il risanamento pubblico si fa pretendendo dai Governatori delle Regioni di assumersi la responsabilità politica di aumentare le accise sulla benzina prima di poter chiedere la dichiarazione dello stato di emergenza per qualsiasi disastro sia accaduto e dove si pretende di assimilare i volontari ai funzionari pubblici per fargli pagare tasse e contributi vari!
Non andremo lontani, così, taroccando la realtà.
Mi auguro che l’impegno preso oggi davanti a regioni e comuni di modificare quella norma vendicativa venga rispettato.
Personalmente non ci credo perché dovrebbero cambiarla quelli che l’hanno pervicacemente voluta e ottenuta solo quando me ne sono andato e la grottesca vicenda della dichiarazione di emergenza nazionale adottata finalmente dal Governo ieri e non una settimana fa sta lì a dimostrarlo:c’è l’emergenza ma non c’è il commissario con pieni poteri per disporre di mezzi, uomini e SOLDI come sarebbe stato necessario.
I morti della Liguria, dell’Isola del Giglio, della recente nevicata forse ci possono essere di stimolo per prendere coscienza di molte cose che non funzionano, se davvero è e resta un impegno dello Stato assicurare ai cittadini una efficace protezione quando la loro vita e i loro beni sono a rischio. E’ accaduto anche troppo spesso che le norme di protezione civile siano state adottate dopo grandi tragedie. Non aspettiamone una ancora maggiore di quelle già successe per renderci conto che, con la scusa di buttar via l’acqua dichiarata sporca per ragioni politiche e strumentali, un’altra volta è accaduto che l’avessero vinta i piccoli Erode nascosti in qualche Amministrazione a tramare piccoli interessi di bottega, che per farli meglio e in maggiore tranquillità hanno giurato morte al bambino protezione civile”.