L’AQUILA- Gianni Chiodi si difende dall’accusa di aver dato un giudizio negativo sul ministro Remo Gaspari, accusa fatta dal figlio dell’uomo politico morto un anno fa, 16 volte ministro e protagonista della politica abruzzese per oltre vent’anni. Il governatore afferma di essere stato male interpretato e ribadisce, su face book, che l’Abruzzo di oggi paga l’assistenzialismo di allora. In coda al ‘post’ di Chiodi, riportiamo il Punto di AquilaTv scritto in occasione della morte di Remo Gaspari. Crediamo sia utile perdere tre minuti per rileggerlo. Personalmente continuiamo a credere che il ‘gasparismo’ non fu tutto oro per l’Abruzzo e per gli abruzzesi nonostante la santificazione di Remo Gaspari da vivo e da morto. Ma ecco la replica di Gianni Chiodi.

“E’ incredibile- afferma il governatore dell’Abruzzo- quello che sta accadendo in questi giorni. Mi si attribuisce un giudizio negativo sul ministro Gaspari. Un giudizio negativo sulla persona che non ho mai dato anche perché lo ritengo un gigante della politica abruzzese. Sottolineavo solo che la storia economica dell’Abruzzo, del suo dinamismo, ha beneficiato di una forma di assistenzialismo statale oggi non replicabile. Come definire, se non in questo modo, la contribuzione a fondo perduto della Casmez (Cassa per il Mezzogiorno che non esiste più n.d.r.), oppure la esenzione decennale del pagamento dell’Irpeg e dell’Irap per le nuove iniziative produttive che si insediavano in Abruzzo ? Assistenzialismo di Stato che si e’ poi moltiplicato in tutti i settori della vita sociale ed economica della nostra regione attraverso l’uso indiscriminato della spesa pubblica in deficit, dove non vi era alcuna correlazione tra le entrate e le spese. Gli effetti negativi, che ancora oggi scontiamo, non sono solo l’elevatissimo debito delle amministrazioni pubbliche, ma sopratutto sul piano sociale, direi culturale, una sorta di “dipendenza” dal potere sul quale fare affidamento perché dispensatore di occasioni e soluzioni. Ma in tutto ciò non c’entra Gaspari ma magari i suoi epigoni che vorrebbero agire politicamente come se nulla fosse cambiato nel mondo, con le stesse logiche che, se all’epoca trovavano giustificazione e conforto legislativo, oggi non possono trovarlo piu’.

P.s. Quando si ha a che fare con chi fa il tifo per altri, meglio stare molto attenti”

Ed ecco cosa scrisse l’AquilaTV

NON FU SOLTANTO ORO L’ABRUZZO DI GASPARI

L’AQUILA – Remo Gaspari insieme a Lorenzo Natali e Giuseppe Spataro è stato uno dei padri dell’Abruzzo moderno. Se la nostra regione fu in grado di uscire dal sottosviluppo economico in cui era nell’immediato dopoguerra, lo deve a quegli uomini che mandati a Roma da centinaia di migliaia di preferenze ad ogni elezione (proprio Gaspari al vertice della sua carriera politica ne ebbe trecentomila), ne favorirono la crescita impetuosa negli anni del boom economico.

Remo Gaspari, sedici volte ministro e più volte sottosegretario nei governi della prima repubblica, fu uno di quegli uomini che riuscì a cavalcare l’onda del boom che viaggiava ogni anno con un Pil (prodotto interno lordo) superiore al 3 per cento, e ad inserire l’Abruzzo in una spirale virtuosa che ne fece una regione progredita e moderna anche con l’aiuto dell’ Europa. La storia politica della nostra regione dice questo. Ma è un racconto del tutto credibile e veritiero? La prima cosa che ci chiediamo è se in tempi come quelli attuali, sarebbe stato possibile per un personaggio come Remo Gaspari affermarsi ed avere il successo di allora. Si dirà che le due epoche non sono sovrapponibili e che certi raffronti non possono essere fatti in assoluto.

ASSUNZIONI CLIENTELARI E FINANZIAMENTI A PIOGGIA

Possiamo dire tuttavia che la crescita economica dell’Abruzzo portò in sé i germi della sua attuale decadenza. Il clientelismo innanzitutto. Ancora oggi, per molti, erano “bei tempi” quelli di Remo Gaspari e Antonio Gava, quando la macchina delle assunzioni alle Poste andava a pieno regime tanto che perfino a Partinico, paese d’origine del sottosegretario Dc Giuseppe Avellone, i portalettere erano un decimo della popolazione attiva. Finanziamenti e assunzioni a pioggia che oggi si sono dissolte nel nulla. Alla Siemens dell’Aquila si arrivò fino a 5.000 assunti. Gli occupati aumentavano ad ogni elezione. Poi cambiò il vento, la crescita tumultuosa dell’Italia si arrestò e la gente cominciò ad essere rispedita a casa. Molti si salvarono con gli ammortizzatori sociali, ma non fu così per tutti. Remo Gaspari fu anche il “grande architetto” della maggior parte della rete ospedaliera regionale. Fece costruire l’ospedale di Gissi, suo comune d’origine, per sistemarvi, raccontano, parenti e amici. Oggi gli ospedali abruzzesi, soprattutto i piccoli ospedali, sono troppi, e il piano della Regione per il riassetto della rete ospedaliera stenta a decollare per ragioni di campanile ed esasperati localismi.

UNA RETE AUTOSTRADALE ASSURDA

Anche la rete autostradale nacque col contributo politico determinante di Remo Gaspari. In origine l’Abruzzo doveva avere soltanto un’autostrada: Roma-L’Aquila-Pescara con diramazione per Avezzano. Teramo sarebbe stata collegata all’Aquila con una superstrada attraverso il passo delle Capannelle. I politici dell’epoca, tra cui Remo Gaspari, vollero la “forchetta” attuale per ragioni di campanile e clientelismo elettorale: e cioè la Roma -Torano con diramazione da una parte per Avezzano-Sulmona- Pescara e dall’altra per L’Aquila-Teramo attraverso il traforo del Gran Sasso. Provate a verificare il volume di traffico sulla Avezzano-Sulmona e sulla L’Aquila-Teramo.

LABORATORIO, DODICI MORTI E UN POZZO SENZA FONDO

La realizzazione del traforo ebbe un costo in vite umane enorme. Dal punto di vista economico fu un pozzo senza fondo. Durante la sua realizzazione morirono dodici operai. Se oggi l’opera ha un senso lo dobbiamo all’intuizione degli scienziati dell’Istituto nazionale di Fisica che pensarono di affiancare al traforo il Laboratorio di Fisica Nucleare, e in particolare del professor Antonino Zichichi. Diversamente il traforo autostradale sarebbe rimasto, da solo, una cattedrale nel deserto.
Anche il sistema universitario regionale ha risentito della medesima impostazione politico-clientelare che ha portato a doppioni di facoltà, di corsi di laurea, di specializzazioni spesso al centro di dispute tuttora non risolte.

Il contributo che Remo Gaspari ha dato all’Abruzzo è stato certo rilevante, ma anche contraddittorio. Recentemente hanno scritto di lui: “padrino della Dc abruzzese, la sua abitazione è stata meta di pellegrinaggi per centinaia, forse migliaia, di persone che gli chiedevano favori ed elargizioni. Per moltissimi anni è stato lui il crocevia di ogni manovra politica, di ogni feudo di favori e scambi elettorali”. Gaspari, certo, non è stato soltanto questo. All’Abruzzo ha dato molto, ma con lui è nato un modo di fare politica che agli abruzzesi ha dato più vizi che virtù.

 

 

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Registrazione Tribunale dell’Aquila n.560 del 24/11/2006 – PI 01717150666

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