L’AQUILA – Michael Kimmelman è un giornalista statunitense ed un critico d’arte nato e cresciuto nella fucina culturale del Greenwich Village, antico quartiere newyorkese che ha voluto conservare nel corso dei secoli e nonostante svariati piani di riassetto urbanistico, il ‘disorganizzato’ ma originale schema viario e persino il nome delle strade, senza mai cedere alla diffusa e spersonalizzante abitudine cittadina che assegna ad esse un numero che le contraddistingua. Pensavo che proprio per questo, Kimmelman, più facilmente di altri suoi connazionali, potesse comprendere perché il centro storico dell’Aquila, la città di Federico II, dovesse conservare la sua storia.
Il rinnovamento urbanistico (cioè degli spazi pubblici) che L’Aquila dovrà perseguire, al pari di altre realtà italiane ed europee, non avverrà certo demolendo il patrimonio architettonico, storico, culturale. Non avverrà certo sostituendo la pietra con il legno, sfigurando l’identità di una città medievale e la memoria della collettività in nome di una celerità di esecuzione che, finora, è stata resa impossibile solo dalla oramai acclarata farraginosità delle norme. Cos’è una città, si chiede Kimmelman, l’insieme dei fabbricati o la vita che si svolge in essi?
La vita che si svolgeva a L’Aquila, al pari di quella del Village, era permeata di quelle architetture e solo da quelle potrà riprendere. Stupisce che il Governatore della regione Abruzzo, nel goffo salvare se stesso, ancora non afferri questo concetto. La presunta disattenzione della politica all’urbanistica della città che il giornalista lamenta non può essere spiegata con il doveroso rispetto alla storia dei suoi palazzi. Lo spirito di adattabilità che lui riconosce solo ai suoi concittadini, gli aquilani lo hanno dimostrato sin dalle prime ore, anche vivendo nelle alienanti strutture temporanee messe a disposizione dallo Stato.
L’audacia, poi, altra qualità che sempre a personale giudizio del giornalista non ci apparterrebbe, questa Amministrazione l’ha dimostrata nel volere fortemente la costruzione dell’Auditorium di Renzo Piano, nonostante le critiche di parte della cittadinanza che aveva timore che si cambiasse volto al centro storico. Lungimiranza invece é stata messa nel coniugare con equilibrio moderno, antico e funzione del centro storico.
Chi denuncia, come Kimmelman, il turismo pornografico delle macerie, dovrebbe sapere che non é solo quello di chi ruba uno scatto delle ferite della città, ma anche, anzi, soprattutto, quello di chi viene da noi con la ricetta già in tasca, di quelle preconfezionate. Siamo purtroppo abituati alle demolizioni ideologiche, Signor Kimmelman, ma mai ci piegheremo a quelle che minacciano la nostra identità.
*Assessore alla Ricostruzione