L’AQUILA – Siamo nel bel mezzo di una svolta storica per il nostro paese. Il risultato delle ultime elezioni ha portato alla luce un quadro politico totalmente frantumato. E’ inutile negare che il Partito Democratico non ha brillato nei risultati e che le attese forse troppo trionfalistiche hanno giocato un ruolo negativo.
Ma il risultato è anche la cartina tornasole dei limiti di una dirigenza e di scelte politiche che hanno terminato il loro ciclo di vita. L’esito incerto del voto del PD nelle recenti elezioni non è figlio di un improvviso cambiamento di opinione nell’elettorato, ma di una sfiducia da parte dei cittadini che da tempo attendono da noi risposte ai bisogni e alle loro richieste di cambiamento.
C’è la necessità di invertire la rotta, di confrontarci con la necessità di cambiamento di cui il paese ha bisogno. Ma per farlo occorre mordere sui temi che da anni bloccano il paese e che stanno spingendo l’economia in una spirale recessiva senza precedenti.
C’è la possibilità e il dovere di affrontare la riorganizzazione dell’assetto amministrativo con l’approfondimento, l’analisi e l’attuazione di un’integrazione dei servizi a livello di aree territoriali. Non basta dire “tagliamo le spese”, non basta dire “tagliamo le province”, non basta dire “tagliamo i costi della politica”.Se ci si ferma a questo livello si finisce per lavorare esclusivamente per il consenso e non per il bene comune.
Il Partito Democratico ha percorso la strada inversa, non combattendo con la stessa forza su temi che erano parte del nostro programma, lasciando trasparire così l’immagine di un partito incollato al passato e lontano nel rapporto con i cittadini. Cambiamento della legge elettorale, riduzione dei costi della politica e dei privilegi, interventi a favore delle piccole e medie imprese, sono tutti argomenti che, senza la reale convinzione, senza la reale volontà di portarli avanti, finiscono per essere percepiti come vuote promesse. La sfiducia del nostro elettorato è dovuto proprio a questo scollamento tra il dire e il fare, tra la promessa di rinnovamento e la prassi tesa al mantenimento di vecchi schemi.
Se vogliamo recuperare credibilità dobbiamo spingere immediatamente verso il presente, verso quelle istanze che oggi necessitano di risposte, e dobbiamo farlo con convinzione e decisione.
Lo stesso può essere detto in Abruzzo. L’esperienza delle primarie, che doveva indicare la strada del cambiamento, non ha mostrato i suoi frutti. Il rinnovamento reale della nostra classe dirigente locale non è stato percepito, al contrario il Partito nazionale ha trasmesso una rappresentazione propria del passato, non del nostro tempo, con volti e nomi e consumati, legati nell’immaginario collettivo, al momento dei sacrifici e delle rinunce collettive e non della speranza. Personalmente credo che al di là dei limiti oggettivi dovuti alla vergognosa legge elettorale, anche la mancanza di rappresentanza per interi territori insieme a un meccanismo eccessivamente rigido e auto – conservativo ai fini della partecipazione, abbia favorito l’allontanamento dei nostri elettori.
Lancio un appello al partito Regionale affinché venga aperto un dibattito interno, che metta al centro la ridiscussione di idee nuove sull’organizzazione, sui ruoli e funzioni che dovranno essere orientati al raggiungimento di precisi scopi e obiettivi. Senza posizioni cristallizzate, preconcette e di parte. Occorre un confronto nel merito che affronti i temi del cambiamento del nostro tempo, senza timore e tatticismi. C’è bisogno di entrare nelle questioni con analisi profonda e competente, di avere la nostra vera idea di Regione e di comunicarla con gesti, atteggiamenti e parole in linea con le attese dei cittadini. Solo così potremmo far comprendere e dimostrare di lavorare nel territorio e per il territorio.