L’AQUILA – ”Riconsegnero’ la fascia al Presidente Napolitano e daro’ ordine di togliere i tricolori
dagli uffici comunali”. Il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente accusa lo Stato di disinteresse verso la citta’ colpita dal sisma del 2009. E così ha chiamato gli organi d’informazione per dire, insieme a tutta la giunta, di essere vicino a prendere una decisione clamorosa per risvegliare la burocrazia romana dal torpore che ha bloccato L’Aquila.
Il sindaco,che ha reso noto il contenuto di una lettera inviata al Capo dello Stato e ai ministri, ha mosso pesanti accuse al governo ed ha affermato che l’amministrazione e lui stesso sono stanchi di “andare a Roma col cappello in mano a chiedere il rispetto dei nostri diritti. Se entro quindici giorni non avremo i fondi attesi dallo scorso dicembre (quasi 900 milioni già deliberati dal Cipe ndr) rassegnerò le dimissioni” Ed ha aggiunto:«riconsegnerò la fascia al presidente Napolitano e darò ordine di togliere le bandiere tricolori dagli uffici comunali. All’ Aquila vengano Napolitano, Letta e i sottosegretari a parlare con le persone che devono ricostruire la casa, noi non ce la facciamo più». Cialente ha detto ancora che “si vuole sapere se L’ Aquila è davvero un problema nazionale” e, se sì, come si vuole risolverlo, perché- ha affermato- “la città vive in un clima surreale di rabbia e disperazione che sia il prefetto, sia il quastore non hanno assolutamente capito. Il sindaco ha anche rivelato che è tale lo stato di esasperazione della gente che lui stesso è stato oggetto, qualche giorno, fa di pesanti attenzioni non soltanto verbali da parte di un cittadino mentre era fermo a un distributore di benzina.
LA LETTERA DI CIALENTEA NAPOLITANO E AI MINISTRI
“Gentilissimo Signor Presidente, Gentilissimi Tutti,
scrivo questa lettera per esprimere la mia profonda preoccupazione, il mio rammarico e la mia mortificazione come Sindaco e come Italiano per quanto sta accadendo a L’Aquila. Sono quattro anni che la ricostruzione non parte, quattro anni che la Città, uno dei centri storici più importanti d’Italia, è deserta, distrutta. Muta testimonianza dell’inefficienza del sistema Paese.
Dopo la vergognosa parentesi del commissariamento, finalmente, con la legge c.d. Barca, gli strumenti per la ricostruzione sono passati ai Comuni; ci siamo dati da fare, abbiamo cercato, nonostante le mille difficoltà, di avviare a definizione migliaia di progetti, perché l’imperativo fosse ridare una casa ad oltre quarantamila sfollati e restituire il centro storico alla sua vita. Alla sua dignità.
“SOLDI FINITI DAL MESE DI OTTOBRE BLOCCATI 2.000 PROGETTI”
Dal mese di ottobre sono finiti i soldi. Dal mese di ottobre i cantieri che erano aperti hanno dovuto sospendere i lavori ed oltre duemila progetti, pari ad oltre 300 grandi condomini e 60 aggregati, aspettano SOLO il finanziamento per poter riprendere l’attività di ricostruzione. Dietro a questi numeri vi sono migliaia di famiglie che attendono. Ci è sempre stato detto che avremmo potuto contare, come comune dell’Aquila, sui 985 milioni di euro della delibera CIPE n.135 del dicembre 2012. Questi soldi di cui solo una parte di cassa, ad oggi, 6 maggio 2013, ancora non arrivano.
Lo Stato, inteso come un sistema che dovrebbe essere capace di farsi carico realmente in scienza e coscienza, delle necessità reali, sta affrontando la vicenda aquilana con un atteggiamento burocratico di esasperata lentezza che nasconde l’assoluta mancanza di solidarietà e di rispetto istituzionale, l’assoluto disinteresse al destino delle Istituzioni locali, ma soprattutto dei cittadini aquilani, riparandosi nella giustificazione di fredde ed insensibili procedure burocratiche.
“STIAMO CREPANDO, NON MI RASSEGNO”
Noi qui stiamo letteralmente crepando. Non mi rassegno. Non mi rassegno e non sopporto più l’idea che gli incartamenti relativi ai nostri finanziamenti possano stare per mesi fermi su una scrivania, ricevendo lo stesso trattamento che viene riservato a qualsiasi altra pratica alla quale tocca subire l’inefficiente burocrazia del Paese.
Io sono un medico e sin dall’inizio dei miei corsi di studio ho imparato a distinguere l’emergenza dagli interventi di elezione. Ciò che mi muoveva e mi muove nel mio lavoro è soprattutto un sentimento di pietas, chiamatela pure care. In questo caso, dovrebbe definirsi il senso di responsabilità dello Stato.
“COME SINDACO MI SENTO UMILIATO”
Come Sindaco, mi sento umiliato; umiliato nel dover telefonare a funzionari vari, dovendo ogni volta spiegare l’emergenza aquilana, la necessità di ricevere i finanziamenti. Mi sento umiliato di ricevere la risposta : “Abbiamo bisogno dei nostri tempi”. Umiliato nel dover spiegare che affinché L’Aquila non muoia c’è immediatamente bisogno di un decreto che con un meccanismo di cassa depositi e prestiti, finanzi un altro miliardo per rispettare il nostro cronoprogramma. Cronoprogramma che questa Amministrazione comunale ha avuto la forza e la responsabilità di far accettare ai cittadini, a molti dei quali ha dovuto dire con coraggio che le loro case si potranno ricostruire solo a partire dal 2016.
“NOI CE LA STIAMO METTENDO TUTTA MA LO STATO CI HA ABBANDONATI”
Assumendomi la responsabilità di ciò che dico, segnalo ancora una volta che la Città è allo stremo: scoramento, sfiducia, rabbia, disperazione, povertà. Io, Noi, non ce la facciamo più. Non so più come spiegare che in questi mesi, gli unici nei quali a L’Aquila si può lavorare nell’edilizia prima che torni il gelo del nostro inverno, migliaia di cantieri non possono partire. Stiamo perdendo un altro anno.
La rabbia è tanta. Nuovamente ieri ho subito un aggressione, dapprima verbale e poi fisica, da parte di un gruppo di giovani disoccupati e senza casa. Fortunatamente sono stato difeso da altri cittadini.