Un “regno” durato nove anni quello di Ferdinando Di Orio, rettore dell’ateneo cittadino che esce di scena per fine mandato. Al suo posto va Paola Inverardi, direttrice del Dipartimento di Ingegneria e Scienze dell’Informazione, che alla terza votazione ha raccolto un ampio consenso (non degli studenti) e una maggioranza di oltre cento voti. Una vittoria annunciata, perché era apparso subito chiaro che la professoressa Maria Grazia Cifone, ex preside della Facoltà di Medicina e sua principale antagonista, non sarebbe riuscita a spuntarla. Non è piaciuta la sua vicinanza a Di Orio, la gran parte dei docenti ha voluto voltare pagina e puntare sul rinnovamento e così è stato. Il futuro dirà se è si è trattato della scelta più giusta e se le urne hanno dato il risultato migliore. Per ora va bene così, anche perché è la prima volta che diventa rettore una donna di grandi qualità. Legittimi dunque l’euforia, l’entusiasmo, i brindisi di quanti hanno sostenuto questa elezione, pure se non sono piaciuti il tifo da stadio, gli evviva, certi tweet un po’ sopra le righe. Come sono apparsi sicuramente censurabili gli striscioni fatti affiggere prima del voto contro il rettore uscente e la professoressa Cifone.
Alcune brevi considerazioni su Ferdinando Di Orio. Quando fu eletto la prima volta, ebbe una maggioranza schiacciante. Molti suoi nemici di oggi, allora erano con lui. Si sa che alla fine il potere, se proprio non logora, finisce per creare inimicizie e risentimenti. Col tempo crescono crucci e malumori per attese insoddisfatte, incarichi non avuti, ambizioni sbagliate. E’ così gli amici diventano nemici, i sodali saltano il fosso e le minoranze si trasformano in maggioranze. E’ sempre successo e accadrà ancora. Ci piace tuttavia ricordare che Di Orio è stato uno degli artefici dell’Università dell’Aquila così com’è oggi. Da professore, poi senatore, preside di Medicina, infine da rettore, Di Orio ha portato innovazione e dato slancio alla crescita dell’ateneo. Se la nostra Università ha oggi un ruolo ben preciso tra gli atenei italiani e se fa una buona ricerca, lo deve anche e soprattutto al rettore uscente. E ancora Di Orio è riuscito ha evitare il pericolo concreto della decadenza e la dissoluzione dell’ateneo subito dopo il terremoto. Tra i brindisi e gli evviva ci piace di ricordare anche questo.