L’AQUILA-Lo aveva detto da tempo che si sarebbe dimessa, ma a patto che nella composizione della giunta ci “fosse chiarezza”. Evidentemente, chiarezza è stata fatta, e Stefania Pezzopane si è dimessa dalla seconda carica amministrativa dopo quella che aveva lasciato qualche settimana fa da consigliera provinciale. A sindaco Massimo Cialente ha inviato la lettera che segue: “Come ti avevo anticipato all’indomani della mia elezione al Senato- scrive Pezzopane nella nota indirizzata al sindaco- ho sempre pensato che fosse utile un avvicendamento in Comune. Ho continuato, tuttavia, a lavorare in questi mesi, mentre si trovava la soluzione più congeniale. Ritengo ora, corretto e doveroso, restituire la delega affidatami, mettendo a disposizione la mia esperienza e le mie conoscenze al nuovo assessore da Te individuato.

“RESTO COMUNQUE A DISPOSIZIONE”

Resto, comunque, a disposizione, Tua e dell’intera Amministrazione per continuare a dare un contributo sui progetti per cui riterrai utile coinvolgermi. Approfitto di questo momento- prosegue la nota-  per rinnovare la stima nei Tuoi confronti e ringraziarTi per avermi dato l’opportunità di vivere un’esperienza, per me molto bella, che ha contribuito in modo determinante alla mia crescita umana e politica.  Allo stesso modo, ringrazio i colleghi consiglieri e assessori che hanno condiviso con me la passione e l’impegno nell’espletamento del ruolo politico amministrativo e ai quali mi lega un sentimento di  stima e amicizia. Infine, ringrazio i Dirigenti dell’Amministrazione e tutti i dipendenti comunali, (in particolare quelli dei miei settori di riferimento), il cui lavoro è una vera risorsa per la nostra comunità.

 RingraziandoTi ancora per la piena fiducia, che mi hai sempre accordato – conclude Pezzopane – auguro a Te E a tutta l’Amministrazione un buon lavoro”.

Si tratta di una disposizione postuma, fortemente penalizzante per imprese che, oltre al danno, subiscono ora, anche dopo più di 10 anni, la beffa di procedure burocratiche assurde. E’ per questo che abbiamo presentato, con i colleghi parlamentari delle diverse regioni, emendamenti volti a correggere un intervento normativo discriminatorio. Si ricorda, infatti, che la sospensione fiscale per le imprese, in caso di calamità naturali, è sempre stata universale”. Lo dice la senatrice del Pd Stefania Pezzopane, componente della commissione Finanze, eletta in Abruzzo.

“MA ABBIAMO PRESENTATO EMENDAMENTI” 

“Il primo emendamento che abbiamo presentato e sul quale mi batterò- spiega Stefania Pezzopane –   è soppressivo dell’intero articolo. In alternativa, qualora non passasse la soppressione, abbiamo presentato altri emendamenti per allungare i tempi e semplificare le procedure. E’ insopportabile che alle imprese terremotate di tutta Italia, di Abruzzo, Umbria, Marche Molise e Puglia, venga chiesta, a posteriori, una tale assurda procedura. Non è una novità, questa, e tutto nasce da precise responsabilità del governo Berlusconi. Infatti, più volte, le amministrazioni locali, Confindustria, Api, i sindacati avevano segnalato il rischio di incappare nella procedura europea di infrazione. La mancata comunicazione alla Commissione europea, da parte dei governi Berlusconi e Monti,  costringe ora i terremotati al paradosso di dover dimostrare i danni materiali e sulle persone, quando nella norma nazionale tutto ciò non era previsto. Gli emendamenti che abbiamo proposto verranno sostenuti con un’adeguata battaglia parlamentare, ma contemporaneamente il governo deve aprire una coraggiosa interlocuzione con la Commissione europea per mettere al centro il tema dei danni che una comunità subisce a seguito di una calamità naturale e di come l’Europa debba comportarsi in queste circostanze. Non si tratta, infatti, di aiuti di Stato o di contributi, ma semplicemente della giusta considerazione per i danni conseguenti a un sisma. Ci chiediamo, tra l’altro -conclude Stefania Pezzopane –  perché questo stravagante ‘onere della prova’ sia chiesto solo ai terremotati e non invece anche ad altre popolazioni che hanno subito altro tipo di calamità. Anche questo è un elemento di grave e inaccettabile discriminazione”. 

 

 

 

 

 

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