L’AQUILA – Cosa ci fanno decine e decine di ceri abbandonati nella cavità di Spedino?
Se lo domandano alcuni abitanti della zona che ci raccontano di averlo anche segnalato ma senza sortire alcuna curiosità. Per la redazione di AquilaTv il fatto è sembrato subito singolare, soprattutto per la zona del rinvenimento.
La grotta di Bonanno da Roio, si trova nella fossa di Spedino, o Spitino, ai margini di un ampio pianoro coltivato.
La cavità d’ingresso, divisa in due nicchie di forma irregolare, è profonda meno di quattro metri ed è l’unica che presenta una discreta altezza.
Da qui un gradone conduce ad un cunicolo stretto e buio, lungo circa 8 metri, che porta ad un ultimo ambiente illuminato da una apertura non visibile dall’esterno.
Il tipo di roccia, facilmente sgretolabile, non consente di capire se vi sono stati adattamenti e allargamenti della cavità.
I vecchi della zona parlano di incontri particolari fatti con lumini e strani riti. Ma cercando bene nelle sterpaglie non vi è nulla, oltre ai ceri, che possa far pensare alle messe nere.
Forse qualche gruppetto di giovani si è divertito a mettere su il rituale?
Resta il fato che il luogo è davvero impervio e con molti pericoli.
LA STORIA DEL POSTO:
Il Beato Bonanno è nato a Roio verso la fine del XII secolo, data desunta dal fatto che gli si attribuisce la fondazione del monastero benedettino di San Lorenzo delle Serre nel 1220.
Secondo la tradizione condusse vita eremitica in una grotta in fondo alla voragine. Alla sua morte il corpo venne conservato nel monastero di San Lorenzo e nel XVII secolo e in seguito fu trasferito nella basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila.